martedì 12 dicembre 2017

Che rendimento offrirà il mercato azionario nei prossimi 5 anni




Uno dei principi basilari dell'analisi fondamentale implica l'imprevedibilità del mercato azionario e delle sue fluttuazioni. Eppure, ciò non condiziona la nostra facoltà di effettuare delle stime sui rendimenti futuri. In questo articolo proverò a determinare che rendimento potrà ragionevolmente offrire il mercato azionario nei prossimi cinque anni.

Le nostre previsioni si basano sui fondamentali e sull'economia reale, in quanto questi fattori possono  evidentemente essere determinati con maggior precisione rispetto a quelli tipicamente usati in discipline prettamente speculative come l'analisi tecnica. Come avevo già affermato in questo articolo e in molti altri, sappiamo che le variabili che determinano il rendimento del mercato azionario sul lungo periodo sono tre:
  • Il rendimento dei dividendi
  • Il tasso di crescita del'utile per azione
  • Il cambiamento nel rapporto Prezzo/Utili
Questi tre fattori spiegano e determinano il rendimento del mercato azionario. I primi due costituiscono la componente fondamentale di tale performance, mentre il terzo è assimilabile alla componente speculativa, in quanto è principalmente condizionato dal sentimento che prevale tra gli investitori. Sappiamo anche che maggiore è l'orizzonte temporale, minore è l'impatto della componente speculativa sul rendimento finale, mentre su periodi di tempo medio-lunghi l'andamento delle quotazioni è determinato quasi esclusivamente dai fondamentali. In ogni caso, su periodi di cinque anni l'influenza esercitata dal sentimento è ancora considerevole.

Per effettuare le nostre stime prendiamo in considerazione l'intero S&P 500. Successivamente non dovremmo fare nient'altro che proiettare le tre variabili sopra elencate per un periodo di cinque anni nel futuro.

Per quanto riguarda il rendimento dei dividendi, la nostra stima consiste nel supporre che nei prossimi cinque anni esso rimarrà costante, ovvero uguale al valore attuale del 2% annuo.

La crescita dell'utile per azione (EPS) è un po più difficile da stimare e si basa sulle previsioni degli analisti. Quest'ultimi sostengono che nei prossimi cinque anni essa manterrà un valore pari al 12% annuo. Di conseguenza, per determinare a che livello si troverà l'utile per azione medio dello S&P 500 tra cinque anni, dobbiamo acquisire il dato attuale ed aggiungergli una crescita pari al 12% annuo. Attualmente l'EPS del suddetto indice è pari a 104,75 dollari. Se le previsioni di crescita degli analisti sono esatte, tra cinque anni esso sarà pari a 184,61 dollari.

Possiamo facilmente constatare che se moltiplichiamo l'attuale utile per azione dello S&P 500 (104,75$) per il rapporto Prezzo/Utili dello stesso indice (25,60), otteniamo un valore di 2681,6; quest'ultimo coincide con l'attuale livello dello S&P 500. Pertanto, se moltiplichiamo l'EPS che si verificherà tra cinque anni per il rapporto Prezzo/Utili che si verificherà tra cinque anni, otterremo il livello dello S&P 500 tra cinque anni.

Il rapporto Prezzo/Utili (P/E) dello S&P 500 cambia di anno in anno, ma tende comunque ad oscillare attorno ad una media storica pari a 17. Sappiamo che sul lungo periodo il P/E tende verso la media storica, pertanto possiamo supporre che tra cinque anni esso sarà pari a 17. Moltiplichiamo l'utile per azione previsto tra cinque anni (184,61$) per 17 ed otteniamo 3138,37. Quest'ultimo, se tutte le nostre supposizioni sono esatte, rappresenta il livello dello S&P 500 tra cinque anni. In base alla differenza rispetto al livello attuale, ciò implica una crescita pari al 3,2% medio annuo nel prossimo quinquennio, al quale bisogna aggiungere un dividendo pari al 2% annuo.

Pertanto, se tutte le stime sono esatte, nei prossimi cinque anni lo S&P 500 dovrebbe fornire un rendimento pari al 5,2% annuo.

Ora però facciamo un passo indietro. Abbiamo detto che la variazione nel rapporto Prezzo/Utili costituisce la componente speculativa in quanto è perlopiù determinata dal sentimento prevalente tra gli investitori. In realtà non è del tutto vero. I fattori che più condizionano il P/E sono due: inflazione e tassi d'interesse. Entrambi questi elementi sono negativamente correlati con il rapporto Prezzo/Utili.
Ad esempio, se i tassi d'interesse crescono, cresce anche il rendimento offerto dalle obbligazioni AAA; di conseguenza, sempre più investitori vedranno nelle obbligazioni un investimento più vantaggioso delle azioni. I capitali si sposteranno dal mercato azionario a quello obbligazionario, determinando una discesa del primo. Se invece i tassi d'interesse declinano succederà il contrario, con conseguente crescita delle azioni. Possiamo osservare questa realtà nel seguente grafico.


E' evidente che a tassi d'interesse (sulla colonna sinistra) elevati corrispondono rapporti Prezzo/Utili  (sull'asse orizzontale) molto bassi, mentre a tassi d'interesse molto bassi corrispondono rapporti Prezzo/Utili elevati. Ogni punto azzurro rappresenta un anno.

Allo stesso modo, una crescita dell'inflazione determina una perdita di valore nell'utile per azione previsto, con conseguente declino del P/E. Se l'inflazione scende si avrà l'effetto opposto. Osserviamo come nel seguente grafico.


In questo caso la correlazione inversa è ancora più forte. Tassi d'inflazione (sull'asse orizzontale) molto bassi implicano un alto rapporto Prezzo/Utili e viceversa.

Possiamo utilizzare queste nuove informazioni per determinare in modo più preciso a che livello potrà trovarsi il rapporto Prezzo/Utili dello S&P 500 tra cinque anni. Per fare ciò ci basiamo sulle previsioni di tassi d'interesse ed inflazione. Gli economisti sono concordi nel dire che tra cinque anni l'inflazione statunitense sarà pari al 2%, mentre i tassi d'interesse dovrebbero attestarsi al 3%. Quest'ultimo valore corrisponde all'obbiettivo dichiarato dalla Federal Reserve, pertanto esso sarà superato esclusivamente in caso di un'improbabile impennata dell'inflazione. Dalla regressione lineare (linea verde) dell'ultimo grafico possiamo notare che un'inflazione al 2% è mediamente accompagnata da un rapporto Prezzo/Utili di 20. Allo stesso modo, un tasso d'interesse del 3% implica un P/E compreso tra 20 e 25. Effettuiamo una stima conservativa e supponiamo che tra cinque anni il rapporto Prezzo/Utili dello S&P 500 sarà di 20.

Ora dovremmo moltiplicare l'utile per azione previsto tra cinque anni non più per l'iniziale 17, bensì per 20. Il risultato è di 3692,2; questo nuovo valore è più alto della nostra prima stima. Se tra cinque anni lo S&P 500 sarà effettivamente pari a 3692,2, ciò implicherà un rendimento pari al 6,61% medio annuo. Aggiungiamo i dividendi ed otteniamo un ottimo 8,61% medio annuo.

E' evidente che le nostre stime possono essere soggette ad ampi errori. Esse hanno possibilità di verificarsi esclusivamente nel caso in cui ogni previsione che abbiamo effettuato si riveli veritiera. Ora vediamo un altro grafico.


Sull'asse orizzontale possiamo osservare l'iniziale rapporto tra prezzo ed utili previsti. Tale rapporto è attualmente pari a 18. Sull'asse verticale è presente il tasso di rendimento. I quadratini blu indicano il rendimento medio annuo nominale che il mercato azionario ha fornito nei sette anni successivi alla manifestazione del rapporto tra prezzo ed utili previsti presente sull'asse orizzontale. Ad esempio, ogni qualvolta tale rapporto è stato pari a 18 (proprio come ora) il rendimento offerto dal mercato nei sette anni successivi è stato mediamente pari a circa il 5%. E' un valore evidentemente molto vicino alla nostra prima stima.


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