martedì 12 dicembre 2017

Che rendimento offrirà il mercato azionario nei prossimi 5 anni




Uno dei principi basilari dell'analisi fondamentale implica l'imprevedibilità del mercato azionario e delle sue fluttuazioni. Eppure, ciò non condiziona la nostra facoltà di effettuare delle stime sui rendimenti futuri. In questo articolo proverò a determinare che rendimento potrà ragionevolmente offrire il mercato azionario nei prossimi cinque anni.

Le nostre previsioni si basano sui fondamentali e sull'economia reale, in quanto questi fattori possono  evidentemente essere determinati con maggior precisione rispetto a quelli tipicamente usati in discipline prettamente speculative come l'analisi tecnica. Come avevo già affermato in questo articolo e in molti altri, sappiamo che le variabili che determinano il rendimento del mercato azionario sul lungo periodo sono tre:
  • Il rendimento dei dividendi
  • Il tasso di crescita del'utile per azione
  • Il cambiamento nel rapporto Prezzo/Utili
Questi tre fattori spiegano e determinano il rendimento del mercato azionario. I primi due costituiscono la componente fondamentale di tale performance, mentre il terzo è assimilabile alla componente speculativa, in quanto è principalmente condizionato dal sentimento che prevale tra gli investitori. Sappiamo anche che maggiore è l'orizzonte temporale, minore è l'impatto della componente speculativa sul rendimento finale, mentre su periodi di tempo medio-lunghi l'andamento delle quotazioni è determinato quasi esclusivamente dai fondamentali. In ogni caso, su periodi di cinque anni l'influenza esercitata dal sentimento è ancora considerevole.

Per effettuare le nostre stime prendiamo in considerazione l'intero S&P 500. Successivamente non dovremmo fare nient'altro che proiettare le tre variabili sopra elencate per un periodo di cinque anni nel futuro.

Per quanto riguarda il rendimento dei dividendi, la nostra stima consiste nel supporre che nei prossimi cinque anni esso rimarrà costante, ovvero uguale al valore attuale del 2% annuo.

La crescita dell'utile per azione (EPS) è un po più difficile da stimare e si basa sulle previsioni degli analisti. Quest'ultimi sostengono che nei prossimi cinque anni essa manterrà un valore pari al 12% annuo. Di conseguenza, per determinare a che livello si troverà l'utile per azione medio dello S&P 500 tra cinque anni, dobbiamo acquisire il dato attuale ed aggiungergli una crescita pari al 12% annuo. Attualmente l'EPS del suddetto indice è pari a 104,75 dollari. Se le previsioni di crescita degli analisti sono esatte, tra cinque anni esso sarà pari a 184,61 dollari.

Possiamo facilmente constatare che se moltiplichiamo l'attuale utile per azione dello S&P 500 (104,75$) per il rapporto Prezzo/Utili dello stesso indice (25,60), otteniamo un valore di 2681,6; quest'ultimo coincide con l'attuale livello dello S&P 500. Pertanto, se moltiplichiamo l'EPS che si verificherà tra cinque anni per il rapporto Prezzo/Utili che si verificherà tra cinque anni, otterremo il livello dello S&P 500 tra cinque anni.

Il rapporto Prezzo/Utili (P/E) dello S&P 500 cambia di anno in anno, ma tende comunque ad oscillare attorno ad una media storica pari a 17. Sappiamo che sul lungo periodo il P/E tende verso la media storica, pertanto possiamo supporre che tra cinque anni esso sarà pari a 17. Moltiplichiamo l'utile per azione previsto tra cinque anni (184,61$) per 17 ed otteniamo 3138,37. Quest'ultimo, se tutte le nostre supposizioni sono esatte, rappresenta il livello dello S&P 500 tra cinque anni. In base alla differenza rispetto al livello attuale, ciò implica una crescita pari al 3,2% medio annuo nel prossimo quinquennio, al quale bisogna aggiungere un dividendo pari al 2% annuo.

Pertanto, se tutte le stime sono esatte, nei prossimi cinque anni lo S&P 500 dovrebbe fornire un rendimento pari al 5,2% annuo.

Ora però facciamo un passo indietro. Abbiamo detto che la variazione nel rapporto Prezzo/Utili costituisce la componente speculativa in quanto è perlopiù determinata dal sentimento prevalente tra gli investitori. In realtà non è del tutto vero. I fattori che più condizionano il P/E sono due: inflazione e tassi d'interesse. Entrambi questi elementi sono negativamente correlati con il rapporto Prezzo/Utili.
Ad esempio, se i tassi d'interesse crescono, cresce anche il rendimento offerto dalle obbligazioni AAA; di conseguenza, sempre più investitori vedranno nelle obbligazioni un investimento più vantaggioso delle azioni. I capitali si sposteranno dal mercato azionario a quello obbligazionario, determinando una discesa del primo. Se invece i tassi d'interesse declinano succederà il contrario, con conseguente crescita delle azioni. Possiamo osservare questa realtà nel seguente grafico.


E' evidente che a tassi d'interesse (sulla colonna sinistra) elevati corrispondono rapporti Prezzo/Utili  (sull'asse orizzontale) molto bassi, mentre a tassi d'interesse molto bassi corrispondono rapporti Prezzo/Utili elevati. Ogni punto azzurro rappresenta un anno.

Allo stesso modo, una crescita dell'inflazione determina una perdita di valore nell'utile per azione previsto, con conseguente declino del P/E. Se l'inflazione scende si avrà l'effetto opposto. Osserviamo come nel seguente grafico.


In questo caso la correlazione inversa è ancora più forte. Tassi d'inflazione (sull'asse orizzontale) molto bassi implicano un alto rapporto Prezzo/Utili e viceversa.

Possiamo utilizzare queste nuove informazioni per determinare in modo più preciso a che livello potrà trovarsi il rapporto Prezzo/Utili dello S&P 500 tra cinque anni. Per fare ciò ci basiamo sulle previsioni di tassi d'interesse ed inflazione. Gli economisti sono concordi nel dire che tra cinque anni l'inflazione statunitense sarà pari al 2%, mentre i tassi d'interesse dovrebbero attestarsi al 3%. Quest'ultimo valore corrisponde all'obbiettivo dichiarato dalla Federal Reserve, pertanto esso sarà superato esclusivamente in caso di un'improbabile impennata dell'inflazione. Dalla regressione lineare (linea verde) dell'ultimo grafico possiamo notare che un'inflazione al 2% è mediamente accompagnata da un rapporto Prezzo/Utili di 20. Allo stesso modo, un tasso d'interesse del 3% implica un P/E compreso tra 20 e 25. Effettuiamo una stima conservativa e supponiamo che tra cinque anni il rapporto Prezzo/Utili dello S&P 500 sarà di 20.

Ora dovremmo moltiplicare l'utile per azione previsto tra cinque anni non più per l'iniziale 17, bensì per 20. Il risultato è di 3692,2; questo nuovo valore è più alto della nostra prima stima. Se tra cinque anni lo S&P 500 sarà effettivamente pari a 3692,2, ciò implicherà un rendimento pari al 6,61% medio annuo. Aggiungiamo i dividendi ed otteniamo un ottimo 8,61% medio annuo.

E' evidente che le nostre stime possono essere soggette ad ampi errori. Esse hanno possibilità di verificarsi esclusivamente nel caso in cui ogni previsione che abbiamo effettuato si riveli veritiera. Ora vediamo un altro grafico.


Sull'asse orizzontale possiamo osservare l'iniziale rapporto tra prezzo ed utili previsti. Tale rapporto è attualmente pari a 18. Sull'asse verticale è presente il tasso di rendimento. I quadratini blu indicano il rendimento medio annuo nominale che il mercato azionario ha fornito nei sette anni successivi alla manifestazione del rapporto tra prezzo ed utili previsti presente sull'asse orizzontale. Ad esempio, ogni qualvolta tale rapporto è stato pari a 18 (proprio come ora) il rendimento offerto dal mercato nei sette anni successivi è stato mediamente pari a circa il 5%. E' un valore evidentemente molto vicino alla nostra prima stima.


Se vuoi consultarti con me o hai qualcosa da chiedermi scrivimi subito un'email cliccando su questa pagina.

Se vuoi saperne di più su chi sono e cosa faccio clicca su questa pagina.


domenica 1 ottobre 2017

4 portafogli d'investimento con basso rischio ed alto rendimento


Il tema principale dei miei precedenti articoli ha perlopiù riguardato la strategia da applicare per individuare i titoli azionari più promettenti. Tuttavia, la modalità di scelta dei titoli azionari non è l'unico elemento importante: il nostro portafoglio d'investimento necessita di una struttura ben studiata per poter generare una performance adatta alle nostre necessità.
In questo articolo presenterò quattro portafogli d'investimento "modello" che hanno storicamente dimostrato di  saper fornire un ottimo compromesso tra rischio e rendimento.

1) 60/40
Questo è il classico portafoglio composto al 60% di titoli azionari e al 40% di titoli obbligazionari. Nonostante la sua semplicità, o meglio grazie ad essa, il 60/40 risulta spesso imbattibile sul lungo periodo. Un'allocazione di questo tipo composta da titoli (sia azionari che obbligazionari) statunitensi, tra il 1926 ed il 1997 avrebbe subito un rendimento negativo solo 16 anni su 71. Tra il 1930 ed il 1932 (durante la Grande Depressione) tale portafoglio avrebbe perso il 30% del proprio valore, contro una perdita del 61% subita dal solo mercato azionario; tra il 1971 ed il 1974 avrebbe perso il 21% del proprio valore, contro una perdita del 37% subito dal solo mercato azionario. Sempre tra il 1926 ed il 1997, la perdita media subita durante un singolo anno di crisi sarebbe stato pari all'8.2%, contro il 12.3% del solo mercato azionario. Un portafoglio 60/40 avrebbe reso il 12% annuo tra il 1971 ed il 1997, contro il 13% messo a segno dal solo mercato azionario.


2) Il portafoglio di David Swensen
David Swensen investe denaro per conto dell'università di Yale, per la quale ha prodotto un rendimento del 14% annuo negli ultimi 20 anni. Piuttosto di investire solo in azioni e obbligazioni, egli ha proposto di distribuire il proprio portafoglio su una maggior quantità di strumenti. Qui di seguito elenco la struttura proposta da Swensen:
  • Titoli azionari statunitensi: 30% del portafoglio.
  • Titoli azionari internazionali (non statunitensi) appartenenti ad economie avanzate (europa occidentale, Canada, Australia, Giappone, ecc.): 15% del portafoglio.
  • Titoli azionari appartenenti ad economie emergenti (Cina, Corea del Sud, Taiwan, India, Brasile, ecc.): 10% del portafoglio.
  • Titoli di Stato statunitensi: 30% del portafoglio.
  • REIT (Real Estate Investment Trust): 15% del portafoglio.
Swensen sostiene la necessità di tagliare il più possibile le commissioni degli strumenti in cui investiamo. Per tale motivo egli suggerisce di investire in fondi Indicizzati o ETF; per ognuna delle categorie sopra elencate sono disponibili adeguati fondi indicizzati.
Swensen suggerisce anche di adeguare il proprio portafoglio a due fattori: tolleranza al rischio ed età. Un'età avanzata ed una conseguentemente bassa tolleranza al rischio introduce la necessità di abbassare la percentuale del portafoglio da destinare alle azioni, aumentando la fetta riservata alle obbligazioni.


3) Il portafoglio di Gretchen Tai.
Gretchen Tai si occupa di gestire i fondi pensione dei dipendenti di Hewelett-Packard (HP). Anche Tai sostiene la necessità di mantenere le commissioni dei prodotti che inseriamo nel nostro portafoglio al di sotto dello 0,5%. Tale obbiettivo può essere raggiunto mediante fondi indicizzati o ETF. Di seguito elenco la struttura proposta da Tai:
  • Titoli azionari statunitensi ad alta capitalizzazione: 26% del portafoglio.
  • Titoli azionari internazionali (non statunitensi) appartenenti ad economie avanzate: 26% del portafoglio.
  • Titoli azionari appartenenti ad economie emergenti: 10% del portafoglio.
  • Titoli azionari statunitensi a bassa capitalizzazione: 3% del portafoglio.
  • Obbligazioni (sia titoli di stato che obbligazioni societarie) di alta qualità: 10% del portafoglio.
  • Obbligazioni ad alto rendimento: 8% del portafoglio.
  • Obbligazioni protette dall'inflazione: 8% del portafoglio.
  • Obbligazioni con scadenza a lungo periodo (come i titoli di stato a 30 anni): 4% del portafoglio.
  • REIT (Real Estate Investment Trust). 5% del portafoglio.
Anche secondo Tai è necessario adeguare il portafoglio al proprio profilo di rischio, abbassando la fetta riservata alle azioni se necessario.


4) Il portafoglio di Jack Bogle.
Jack Bogle è il fondatore di Vanguard Group, una delle più grandi società d'investimento al mondo. Egli è l'ideatore dei fondi indicizzati; sono infatti quest'ultimi a costituire il portafoglio di Bogle. Egli propone una semplice formula: sottrai la tua età dal numero 100 ed avrai la percentuale del portafoglio che devi destinare alle azioni. Alle obbligazioni sarà invece riservata una percentuale pari alla tua età. Per fare un esempio, supponiamo che tu abbia 40 anni: il 60% (100 meno 40 uguale 60) del portafoglio sarà destinato alle azioni. La restante parte (40%, ovvero la tua età) sarà destinata alle obbligazioni. Bogle suggerisce di acquistare un fondo indicizzato composto da tutti i titoli azionari del mercato americano. Per quanto riguarda le obbligazioni, si può scegliere tra i soli titoli di stato oppure un fondo indicizzato che comprenda tutti i titoli di debito del mercato.



sabato 3 giugno 2017

Investire come Mario Gabelli, il genio della finanza statunitense di origini italiane



Avete mai sentito parlare di Mario Gabelli? E' un finanziere ed investitore statunitense di origine italiane, fondatore della Gabelli Asset Management Company Investors. Come molti tra i migliori investitori al mondo, Gabelli è un adepto del Value Investing (vedi Guida completa al Value Investing); egli, basandosi sugli studi di Benjamin Graham, è riuscito a sviluppare una versione "aggiornata" della famosa strategia. Tuttavia, nonostante gli elementi di novità, Gabelli è rimasto molto agganciato alle idee di Graham. In questo articolo tenterò di riassumere i fondamentali della strategia di Mario Gabelli, uno fra i migliori gestori di fondi d'investimento al mondo.

Il metodo di Gabelli affonda le sue radici nel concetto di Private Market Value (PMV), che rappresenta il suo più grande contributo al mondo degli investimenti finanziari. Gabelli definisce il PMV come "il valore che un informato industriale pagherebbe per acquistare asset con caratteristiche simili". Ma cosa significa ciò? Per comprenderlo dobbiamo introdurre alcune spiegazioni. 
Secondo la visione di Gabelli, il Private Market Value contrasta con il valore di borsa. Quest'ultimo è determinato da una varietà di fattori spesso indipendenti dal reale valore delle aziende quotate. Durante un certo periodo la quotazione può variare in modo sostanziale ed imprevedibile anche senza che l'azienda e suoi fondamentali abbiano subito significativi cambiamenti. Certamente ci sono momenti in cui i prezzi di mercato riflettono il reale valore intrinseco dell'azienda, ma se ciò fosse costantemente vero, tali prezzi di mercato non dovrebbero fluttuare così ampiamente: le reali caratteristiche e condizioni economiche fondamentali delle aziende sono molto più stabili.

Come si può ben comprendere dal nome, il Private Market Value è una stima del reale valore intrinseco di un'azienda quotata, calcolato in base a quanto costerebbe acquistare la suddetta su un ipotetico mercato privato. Inoltre, Gabelli e i suoi soci hanno sviluppato una serie di ulteriori strumenti utili ad effettuare un'analisi appropriata e particolareggiata del PMV. Qui di seguito introduco alcuni di questi strumenti analitici.

Come molti Value Investor, Gabelli cerca di individuare delle "lacune" nei GAAP (Generally Accepted Accounting Principles). Quest'ultimi costituiscono i principi di contabilità generalmente accettati, in virtù dei quali vengono compilati i rendiconti economici delle aziende. Spesso infatti, i GAAP non consentono di riportare nel bilancio o nel conto economico alcuni valori comunque rilevanti. Convinto di ciò, Gabelli cerca di individuare asset o porzioni di profitti che, rimanendo "nascosti" a causa dei GAAP, non sono rivelati nei rendiconti economici ufficiali. Ad esempio alcuni asset possono essere completamente assenti nel bilancio d'esercizio, oppure riportati solo ad una frazione del reale valore di mercato attuale. La stessa cosa può accadere con i profitti ed i flussi di cassa. Gabelli cerca di essere il primo ad individuare queste lacune, in modo da potersene avvantaggiare. 

Un'altra novità introdotta da Gabelli consiste nel valutare il valore intrinseco delle aziende andando oltre i meri dati finanziari e ponendo l'attenzione anche sulle statistiche operative. Gabelli ha spesso investito nel business delle comunicazioni: compagnie telefoniche, compagnie televisive, operatori radiofonici, editori di riviste e quotidiani. Ciò che tutte queste aziende hanno in comune sono gli abbonati che pagano per ottenere il servizio. Il numero di abbonati è una statistica operativa. Conoscere tali statistiche ci permette di analizzare le varie aziende da prospettive diverse; ad esempio, possiamo calcolare la porzione di fatturato e utile corrispondente ad ogni abbonato. Ciò è estremamente utile nel valutare il Private Market Value, in quanto possiamo facilmente determinare quanto, un ipotetico industriale interessato ad acquistare l'azienda, dovrebbe essere disposto a pagare per ogni abbonato. Una sostanziale differenza tra PMV e valore di borsa può indicare un'ottima opportunità. 

Il terzo elemento di novità introdotto da Gabelli è il concetto di catalizzatore. Quest'ultimo è un evento o agente che permette di restringere la differenza tra il valore di borsa e il PMV. Il concetto di catalizzatore è ampiamente utilizzato per indicare una fonte di cambiamento. Nella maggior parte dei casi, esso permette semplicemente di far capire al mercato che il prezzo di un certo titolo azionario dovrebbe essere più alto. Un esempio di catalizzatore può consistere nel generare utili superiori alle aspettative degli analisti. In ogni caso, possiamo identificare due tipi di catalizzatori: specifici ed ambientali. I primi si riferiscono a cambiamenti interni all'azienda; i secondi a cambiamenti riguardanti il contesto in cui l'azienda opera.

In generale, l'approccio di Mario Gabelli al mercato azionario consiste nell'investire in business affermati, competitivamente avvantaggiati ed in grado di generare enormi quantità di cassa (Free Cash Flow). Inoltre egli si impegna ad identificare dei trend su larga scala (economici, demografici, politici o culturali) che possono determinare una crescita dei profitti.



ARTICOLI CORRELATI:

Come calcolare il valore intrinseco secondo il padre del Value Investing

Guida completa al Value Investing

Free Cash Flow e Owner Earnings: tutto ciò che devi sapere

martedì 21 marzo 2017

Perché il miglior momento per investire è durante una crisi



Come potete aver capito se leggete i miei articoli, gli investimenti migliori si fanno quando si riesce ad acquistare aziende di ottima qualità a prezzi temporaneamente bassi e sottovalutati. Spesso infatti, le oscillazioni immotivate del mercato azionario ed in particolare il panico che si diffonde tra gli investitori, implicano che dei prezzi irrazionalmente bassi vengano allegati a solide aziende. In queste occasioni, un investitore accorto ed orientato al lungo periodo può fare degli ottimi affari acquistando business di alta qualità a prezzi irragionevolmente (e temporaneamente) scontati e sottovalutati. Infatti, quando il panico sarà passato, il mercato si renderà conto del reale valore dell'azienda, facendo risalire la quotazione.

Il momento migliore in cui si verificano queste occasioni è durante le recessioni o i crolli generalizzati del mercato azionario. Infatti, tali crisi influenzano negativamente la quotazione di tutte le aziende, indipendentemente dalle loro reali caratteristiche e condizioni economiche. Eppure, se hai individuato delle aziende davvero di qualità, con un management eccellente e dei forti vantaggi competitivi, puoi stare sicuro che esse non solo sopravviveranno brillantemente alle recessioni, ma ne usciranno migliorate. Quando in seguito ad una recessione l'economia comincia nuovamente a rafforzarsi, le aziende che sono sopravvissute acquisiranno una posizione migliore di quella che possedevano prima della crisi. Infatti, le recessioni e le crisi spazzano via le aziende più deboli, lasciando sul campo solo quelle che hanno dimostrato di essere davvero eccellenti. Se sei sicuro di aver trovato un'azienda di qualità, le crisi generalizzate possono darti la possibilità di acquistarne le azioni ad un prezzo irrazionalmente basso. E quando, in seguito alla crisi, il mercato si renderà conto che l'azienda non ha subito significativi danni a lungo termine, la quotazione si risolleverà per rifletterne le reali caratteristiche e condizioni economiche.

Queste straordinarie occasioni non si verificano solo durante le crisi generalizzate. Infatti, molto spesso anche le quotazioni delle singole aziende possono essere colpite da immotivate ed esagerate oscillazioni. Ciò si verifica principalmente a causa di avvenimenti che il mercato giudica negativi. Per farvi comprendere al meglio ciò che intendo, utilizzerò alcuni esempi.

Quando, a metà degli anni 60, Warren Buffett investì in American Express, egli si avvantaggiò proprio di un evento negativo per poter acquistare le azioni ad un prezzo assurdamente basso. Cosa successe esattamente? In quel periodo, American Express aveva concesso un sostanzioso prestito di 60 milioni di dollari ad un uomo d'affari di nome Anthony De Angelis, imprenditore nel campo degli oli vegetali. De Angelis aveva fornito come collaterale del prestito un'enorme quantità di olio per insalata, per un valore pari proprio a 60 milioni di dollari. Quando l'imprenditore non riuscì a ripagare il prestito, i suoi creditori si mossero per appropriarsi del bene indicato come collaterale, ovvero l'olio per insalata. E fu proprio qui il problema, perché in realtà quell'olio non esisteva. Nessuno alla American Express era stato abbastanza accorto da verificare la reale esistenza dell'olio. Di conseguenza, American Express risultò essere il responsabile delle perdite subite dai creditori, e l'azienda dovette pagare di tasca proprie tali perdite. Tutto questo increscioso avvenimento non piacque per niente a Wall Street. In poco tempo, American Express perse gran parte del suo valore di borsa e la quotazione crollò ai minimi storici. Eppure, nonostante il panico diffuso, Warren Buffett non si lasciò influenzare. Egli era sicuro che le reali caratteristiche e condizioni economiche dell'azienda (da sempre eccellenti) non erano stato intaccate dallo scandalo. American Express era un'azienda di alta qualità, con un ottimo management e, soprattutto, possedeva degli enormi vantaggi competitivi; tali caratteristiche eccellenti erano rimaste assolutamente intatte. Questa crisi passeggera - ragionò Buffett - non causerà nessun danno a lungo termine significativo. Di conseguenza, Buffett prese al volo l'occasione investendo in American Express il 40% del capitale che aveva a disposizione. Appena due anni dopo la quotazione risalì in modo impressionante, dando la possibilità a Buffett di vendere le azioni con un profitto straordinario.
La stessa cosa può succedere a causa di un declino (temporaneo) dell'utile netto. Consideriamo un'azienda X che ha storicamente dimostrato di saper generare profitti in modo molto stabile e costante. Se per un singolo anno tale azienda dovesse riscontrare un declino dei profitti, o essi dovessero essere inferiori alle aspettative, la quotazione molto probabilmente ne risentirà in modo eccessivamente negativo. Eppure, se l'azienda è davvero eccellente, i risultati di un singolo anno non pregiudicheranno le performance storiche o le prospettive future. Molto probabilmente l'anno successivo i profitti torneranno ad essere in linea con il trend storicamente mantenuto. Una cosa molto simile è successa a Coca-Cola, che (dopo tanti anni di crescita costante dei profitti) per un singolo anno nel 1993 ha ottenuto un declino dell'utile netto rispetto all'anno precedente. Il mercato azionario non la prese bene e la quotazione crollò. Ma in verità i risultati negativi di quel singolo anno non hanno avuto effetti sui profitti ottenuti dall'azienda nell'anno successivo; nel 1994 infatti, i profitti ripresero il trend di crescita costante che avevano storicamente mantenuto, e con essi anche la quotazione riprese la sua corsa all'insù.

Questo tipo di avvenimenti capaci di affliggere la quotazione di aziende assolutamente solide possono essere di varia natura: scandali, perdite, crisi, discesa temporanea dei profitti, errori del management, class action. Si tratta di avvenimenti negativi temporanei che non hanno impatto sulle reali caratteristiche e condizioni economiche dell'azienda. Per un investitore orientato al lungo periodo è importante chiedersi: questo avvenimento negativo causerà danni a lungo termine? Se la risposta è no, ma nonostante ciò la quotazione risente dell'avvenimento in modo esageratamente negativo, allora può essere un buon momento per investire.
Io stesso ho sfruttato questo tipo di situazioni quando nel febbraio 2016 ho investito in BofI Holding Inc, una banca digitale che offre principalmente servizi finanziari online. BofI è un'azienda in forte crescita, con ottime prospettive, una posizione competitiva vantaggiosa e un'eccellente solidità. Le sue eccellenti caratteristiche sono evidenziate dai numerosi premi e riconoscimenti che riceve periodicamente, tra cui quello di miglior banca online in America. Eppure, nell'ottobre 2015 la banca è stata accusata di frode e coinvolta in una class action giudiziaria. Questi problemi con la giustizia non sono piaciuti agli investitori: la quotazione è crollata da un picco massimo di 35 dollari ad azione nell'ottobre 2015, ad un minimo di 14 dollari nel febbraio 2016. Inoltre, le aziende piccole e di successo come BofI sono generalmente prese di mira da speculatori, e ciò ha contribuito ad accentuare in modo spropositato il declino della quotazione. Nonostante il panico che affliggeva gli investitori, dopo un'attenta analisi ho compreso che i problemi legali che attanagliavano BofI Holding non avrebbero pregiudicato le eccellenti caratteristiche economiche dell'azienda. Pertanto, per un investitore orientato al lungo periodo come me, quel crollo della quotazione era assolutamente ingiustificato. L'azienda non aveva subito alcun danno significativo. Eppure, il rapporto Prezzo/Utili era sceso al minimo storico di 8, segnalando un'eccessiva sottovalutazione del titolo. Presi l'occasione al volo ed acquistai le azioni di BofI Holding ad un prezzo di circa 15 dollari ciascuna. Già pochi mesi dopo, il panico si attenuò e la quotazione cominciò a risalire in modo da riflettere il reale valore dell'azienda; attualmente il titolo BofI si aggira intorno ai 30 dollari ad azione, con una crescita di oltre il 100% rispetto al prezzo al quale ho acquistato appena un anno fa.

Tutti i casi che vi ho riportato servono a farvi capire una lezione molto importante: la volatilità causata da una recessione, una crisi finanziaria, un evento avverso o un temporaneo declino dell'azienda, possono creare delle opportunità eccezionali per gli investitori concentrati sulle reali caratteristiche economiche del business e proiettati sul lungo periodo.



ARTICOLI CORRELATI:

La strategia d'investimento definitiva: cos'è il GARP Investing

Tutto ciò che è necessario sapere sull'investimento: il capitolo 8 di The Intelligent Investor

Guida completa al Value Investing

Se nel 2009 avessi investito in queste 3 azioni, oggi saresti milionario

sabato 18 marzo 2017

Free Cash Flow e Owner Earnings: tutto ciò che devi sapere



Come avevo già accennato in un precedente articolo, la definizione più basilare di una buona azienda è la seguente: essa genera più cassa (denaro liquido, cash) di quanta ne consumi. Un investitore intelligente deve saper valutare 1) se l'azienda è in grado di generare cassa, e 2) come questo denaro viene impiegato. Se viene impiegato in modo appropriato, l'azienda genererà valore per gli azionisti.

Generalmente siamo abituati ad analizzare i business su cui vogliamo investire principalmente sulla base dei profitti netti o utile netto, ovvero il denaro che rimane all'azienda dopo aver tolto tutte le spese (costi di produzione, spese di gestione e amministrazione, tasse, ecc.) dal fatturato totale. Eppure, l'utile netto non rappresenta il flusso di cassa effettivamente disponibile all'azienda. Infatti, da esso vanno sottratte ulteriori spese prima di arrivare ad una figura che possa davvero consentirci di determinare la quantità di denaro liquido realmente utilizzabile dall'azienda. Le spese più onerose che influenzano negativamente l'utile netto sono le cosiddette Capital Expenditures (spese in conto capitale), ovvero tutte quelle spese relative al rinnovo e manutenzione di impiantistica, equipaggiamento, mezzi e altri beni tangibili. Queste spese fisse sono necessarie per mantenersi competitivi, ma in realtà non contribuiscono a generare ricchezza per l'azienda; semplicemente mantengono le attività attuali. Le Capital Expenditures sottraggono denaro che potrebbe essere impiegato in modo più redditizio. Pertanto, esse vanno sottratte dall'utile netto se vogliamo ottenere una reale stima del flusso di cassa effettivamente disponibile all'azienda. Per comprendere se l'azienda è davvero capace di generare grandi quantità di liquidità, è necessario considerare il Free Cash Flow piuttosto che l'utile netto totale; il Free Cash Flow (FCF) rappresenta il flusso di cassa effettivamente disponibile all'azienda una volta tolte tutte le spese fisse dall'utile netto. Pertanto, un alto FCF indica che l'azienda è molto abile nel generare cassa. Esso si calcola partendo dall'utile netto totale ed effettuando alcuni aggiustamenti. Nota che il seguente metodo di calcolo si basa sulle regole di contabilità americane:

EBIT (1-Tax Rate) + Depreciation + Amortization +/- Change in Net Working Capital - Capital Expenditures =  Free Cash Flow


Se state analizzando le aziende attraverso i rendiconti finanziari standardizzati alle regole regole di contabilità americane, il precedente metodo di calcolo è perfetto. Ma le regole di contabilità italiane sono un po diverse, pertanto è necessario effettuare alcuni adattamenti:


Utile Operativo (EBIT) - Tasse su Utile Operativo + Ammortamenti & Accantonamenti +/- Variazione del Capitale Circolante Netto - Spese in Conto Capitale = Free Cash Flow


Tutte le voci qui sopra riportate sono individuabili nel rendiconto del Flusso di Cassa.

In realtà, il metodo per il calcolo del Free Cash Flow può essere ampiamente semplificato nel seguente modo:

Totale Flussi di Cassa da Attività Operative - Spese in Conto Capitale = Free Cash Flow


In questa ultima formula, per trovare il Free Cash Flow, abbiamo semplicemente sottratto le Spese in Conto Capitale (Capital Expenditures) dal Totale dei Flussi di Cassa da Attività Operative (Cash Flow from Operations); entrambe le voci si trovano nel rendiconto del Flusso di Cassa.

In base al metodo d'investimento di Warren Buffett, il segreto delle aziende di maggior successo è proprio la capacità di generare grandi quantità di cassa. Tale anormale redditività permette all'azienda di avere a disposizione enormi quantità di denaro liberamente impiegabile per finanziare la crescita, accrescere ulteriormente la profittabilità del business, operare con successo e generare ricchezza per gli azionisti. Ovviamente, il management deve essere in grado reinvestire tale denaro nel modo più redditizio possibile. Per comprendere se l'azienda è davvero abile nel generare cassa, Buffett utilizza una variante del Free Cash Flow, ovvero gli Owner Earnings. Quest'ultimo metodo è davvero molto simile al FCF, e si calcola nel seguente modo:

Net Income + Depreciation & Amortization +/- Other Non Cash Charge - Capital Expenditures +/- Changes in Working Capital = Owner Earnings


L'obbiettivo di questo metodo di valutazione è calcolare quanto denaro liquido l'azienda sarebbe in grado di generare per un suo ipotetico proprietario. Gli Owner Earnings corrispondono alla reale quantità di denaro liberamente utilizzabile per essere reinvestita nel business o distribuita agli azionisti.


Per riepilogare, la maggior parte degli investitori si concentra solo sui profitti netti delle aziende, senza valutare la reale quantità di cassa che esse sono in grado di generare. Eppure, i profitti netti non corrispondono al reale flusso di cassa liberamente utilizzabile; pertanto, il Free Cash Flow e gli Owner Earnings possono darci una migliore stima della concreta quantità di denaro effettivamente disponibile all'azienda. Tale eccesso di liquidità può essere liberamente impiegato per finanziarie la crescita e l'espansione, investire nello sviluppo di nuovi business, effettuare acquisizioni, pagare i dividendi e creare ricchezza per gli azionisti. In generale, se il FCF o gli Owner Earnings vengono ben reinvestiti, ciò accrescerà ulteriormente la già grande redditività del business, generando un circolo virtuoso di profittabilità.
Se il FCF e gli Owner Earnings sono storicamente alti e consistenti, l'azienda è molto abile nel generare cassa. Inoltre, se tali valori sono cresciuti in modo costante sul lungo periodo (almeno negli ultimi dieci anni) in modo abbastanza stabile e sostenuto (ad un tasso di crescita pari ad almeno il 5-10% medio annuo, o comunque approssimativamente simile al tasso di crescita dell'utile per azione), l'azienda non solo è in grado di generare grandi quantità di liquidità, ma dimostra di essere anche in grado di impiegare e reinvestire tale denaro in modo redditizio. Per saperne di più riguardo il reinvestimento dei flussi di cassa, vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato.

Generalmente, per valutare il prezzo di un titolo azionario guardiamo al rapporto Prezzo/Utili. Eppure, il rapporto Prezzo/FCF è spesso una misura più appropriata.



ARTICOLI CORRELATI:

Le 3 regole per prevedere con accuratezza le prospettive future di un'azienda

La caratteristica vincente dei titoli azionari più ricchi: il riacquisto di azioni proprie

Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato.

venerdì 17 marzo 2017

Come acquistare azioni in forte crescita con il metodo di Martin Zweig



La maggior parte degli articoli che leggete su questo blog sono riguardo il Value Investing (vedi Guida completa al Value Investing), ovvero l'acquisto di titoli azionari temporaneamente quotati a prezzi molto scontati e sottovalutati rispetto al loro reale valore. Raramente mi sono cimentato nel puro Growth Investing, ovvero l'investimento in aziende attualmente in forte crescita (in termini di fatturato e profitti) nella speranza che continuino la loro corsa anche in futuro (vedi Cos'è il Growth Investing). Il problema di quest'ultimo approccio sta nel fatto che le azioni di tali aziende sono quotate a prezzi eccessivamente alti e sopravvalutati, e ciò aggiunge rischio al nostro investimento (ovviamente ci sono delle eccezioni; vedi La strategia d'investimento definitiva: cos'è il GARP Investing). Tuttavia, sono entrambe delle ottime strategie d'investimento. Il fatto che il Growth Investing sia un metodo di successo è testimoniato dalle straordinarie performance ottenute grazie ad esso da un famoso gestore di fondi d'investimento, Martin Zweig. Quest'ultimo ha generato un rendimento del 16% medio annuo composto tra il 1980 ed il 1995, il che è un risultato davvero degno di nota. L'approccio di Zweig all'investimento azionario è composto da elementi di Growth Investing, market timing ed analisi tecnica. Tuttavia, in questo articolo ci concentreremo principalmente sulla parte del Growth Investing, che ricopre il ruolo più importante nella strategia del famoso investitore.

Qui di seguito vi propongo le caratteristiche fondamentali che un titolo azionario deve possedere per entrare nel portafoglio di Martin Zweig.

Trend di crescita dei profitti
Zweig cerca un trend di crescita dei profitti storicamente positivo, costante e consistente. In particolare, l'utile per azione (EPS) deve essere cresciuto ogni anno negli ultimi cinque anni ad un tasso medio annuo di almeno il 15%; un tasso di crescita del 30% annuo o superiore è eccezionale. Inoltre, l'EPS deve essere cresciuto in ognuno degli ultimi quattro quarti di anno (rispetto allo stesso quarto dell'anno appena precedente). Il tasso di crescita dimostrato negli ultimi quattro quarti di anno deve essere in linea o meglio superiore al tasso di crescita storico (ovvero quello mantenuto negli ultimi cinque anni).

Accelerazione della crescita
Martin Zweig evita assolutamente le aziende che mostrano segni di rallentamento nel loro trend di crescita. Il tasso di crescita dell'utile per azione nell'ultimo quarto di anno deve essere superiore al tasso di crescita storico (ovvero quello medio mantenuto negli ultimi cinque anni), e superiore al tasso di crescita medio dimostrato nei tre quarti di anno appena precedenti. Ma perché questi ultimi accorgimenti riguardo l'accelerazione della crescita? Se ci pensi bene, il problema più grosso per un investitore di lungo periodo orientato alla crescita dei profitti è il non poter avere certezze riguardo il fatto che la crescita mantenuta fino ad oggi continuerà la sua corsa anche in futuro. Voglio dire, okay, l'azienda è cresciuta fino ad oggi, ma chi mi assicura che continuerà a fare lo stesso anche in futuro? Ebbene, questi accorgimenti permettono di essere sicuri che la crescita dell'azienda non si trovi alla fine della sua corsa. In altre parole, in questo modo sapremmo di non essere arrivati troppo tardi per sfruttare la profittevole crescita finora mostrata dall'azienda. Inoltre, sapremo che nulla è andato storto recentemente.

Crescita del fatturato
Finora ci siamo concentrati sulla crescita dei profitti netti ed in particolare dell'utile per azione. Tuttavia, è necessario assicurarsi che tale crescita dell'utile netto sia sostenibile sul lungo periodo. Se i profitti crescono più velocemente del fatturato, significa che tale crescita deriva principalmente da un taglio dei costi di produzione o altre misure orientate ad accrescere i margini di profitto in modo artificioso. Se il fatturato cresce più velocemente dell'utile netto, significa che i margini di profitto sono in declino, e ciò indica un inasprimento della concorrenza. Nessuna di queste due opzioni che ho appena esposto costituiscono un modo sostenibile per generare crescita. Per essere sostenibile sul lungo periodo, la crescita dei profitti deve derivare primariamente da una crescita delle vendite (fatturato), e non dal taglio dei costi di produzione; quest'ultimo non è sostenibile, in quanto non si possono accrescere i margini di profitto all'infinito. La crescita dell'utile deve essere sostenuta e accompagnata da un corrispondente incremento delle vendite. Idealmente, profitti e fatturato devono crescere di pari passo. Di conseguenza, tutte le considerazioni fatte riguardo la crescita dei profitti e dell'utile per azione, valgono anche per il fatturato. In particolare, il tasso di crescita del fatturato deve corrispondere ad almeno il 75%-85% del tasso di crescita dell'utile per azione. L'ideale è che i due tassi di crescita (di profitti e fatturato) siano uguali; ciò indicherebbe che la crescita dell'utile deriva da un incremento delle vendite, e non solo da un taglio dei costi di produzione.
Proprio come i profitti, il fatturato deve essere cresciuto ogni anno negli ultimi cinque anni ad un tasso idealmente uguale al tasso di crescita dell'utile netto, o comunque pari ad almeno il 75% di quest'ultimo. Inoltre, esso deve essere cresciuto in ognuno degli ultimi quattro quarti di anno (rispetto allo stesso quarto dell'anno precedente) ad un tasso idealmente uguale al tasso di crescita dell'utile netto, o comunque pari ad almeno l'85% di quest'ultimo. Anche la crescita del fatturato deve stare accelerando (di pari passo con i profitti); pertanto, il suo tasso di crescita nell'ultimo quarto di anno deve essere superiore al tasso di crescita storico (ovvero quello medio mantenuto negli ultimi cinque anni), e superiore al tasso di crescita medio dimostrato nei tre quarti di anno appena precedenti.

Debito
Martin Zweig vuole anche essere sicuro che la crescita non derivi da un'insostenibile quantità di debito. Per valutarlo, Zweig si avvale del rapporto Debt/Equity; quest'ultimo deve essere inferiore alla media del settore.



Rapporto Prezzo/Utili

Generalmente, le aziende caratterizzate da una forte crescita di profitti e fatturato, sono quotate a prezzi eccessivamente alti e sopravvalutati; ciò accade a causa delle grandi aspettative che ci sono nei loro confronti, e se tali aspettative vengono disattese, la quotazione può facilmente crollare. Ovviamente, dei prezzi così alti aggiungono molto rischio all'investimento, pertanto Martin Zweig preferisce limitare tale rischio imponendosi dei limiti sul prezzo che è disposto a pagare. Per valutare se il prezzo è alto o basso si utilizza il rapporto Prezzo/Utili (P/E). Consapevole del fatto che le azioni caratterizzate da un basso rapporto Prezzo/Utili hanno storicamente sovraperformato quelle con un alto P/E, Zweig ha deciso di evitare dei valori eccessivamente alti. In particolare, non bisogna mai acquistare ad un rapporto Prezzo/Utili superiore ad una volta e mezzo la media del mercato nel suo complesso o del settore di appartenenza. In ogni caso, mai acquistare quando il P/E è superiore a 43. Secondo Zweig, il rapporto Prezzo/Utili non deve essere nemmeno troppo basso, in quanto ciò sarebbe un segno di debolezza; mai acquistare quando tale rapporto è inferiore a 5.

Acquisto degli Insider
Se gli insider stanno acquistando le azioni, allora è un buon segno. Il contrario è ovviamente negativo.

Don't Fight the FED
Non andare contro la Federal Reserve (ovvero la banca centrale americana) è uno dei motti più volte ripetuti da Martin Zweig. Esso significa essenzialmente che un investitore dovrebbe puntare sul rialzo delle azioni soprattutto quando i tassi d'interesse sono bassi o in calo.

Don't Fight the Tape
Questo è un altro motto di Zweig. Esso significa che è necessario investire avvantaggiandosi dei trend del mercato, acquistando soprattutto quando quest'ultimo è evidentemente rialzista.



ARTICOLI CORRELATI:

La strategia d'investimento definitiva: cos'è il GARP Investing

Le 3 regole per prevedere con accuratezza le prospettive future di un'azienda

Come Peter Lynch ha realizzato il 30% annuo per 20 anni di seguito

mercoledì 15 marzo 2017

Come proteggersi efficacemente dai crolli del mercato azionario



Trovare un modo efficace per proteggersi dai crolli del mercato azionario rappresenta il Sacro Graal di qualsiasi investitore. Innanzitutto è necessario comprendere che le fasi ribassiste del mercato azionario sono fisiologiche; sempre ci sono state e sempre ci saranno. Esse sono assolutamente necessarie per mantenere le quotazioni a livelli sostenibili, in modo da riflettere l'economia reale.
Quando una fase rialzista spinge le quotazioni a livelli insostenibili, le correzioni sono necessarie per riportare il mercato a valori più equi e ragionevoli. Dopotutto, come dice John C Bogle, la regola di ferro dei mercati finanziari è il ritorno alla media. E' importante considerare che ogni fase rialzista si conclude con una fase ribassista, così come ogni fase ribassista si conclude con una fase rialzista. E' inevitabile; è il normale ciclo economico del mercato. In quanto investitori è ovvio che avremo a che fare con il mercato azionario per periodi di tempo molto lunghi, e di conseguenza non c'è alcun dubbio sul fatto che prima o poi dovremo affrontare delle fasi ribassiste. Quando acquistiamo dei titoli azionari con un orizzonte temporale a lungo termine, è necessario considerare che prima o poi essi dovranno forzatamente affrontare dei cicli negativi del mercato azionario. Di conseguenza, un investitore intelligente deve sempre tenersi pronto per affrontare efficacemente delle situazioni del genere. In questo articolo vi propongo alcune delle migliori strategie per proteggersi efficacemente dai crolli del mercato azionario. In particolare, voglio farvi conoscere i metodi messi in pratica da alcuni dei più grandi investitori moderni. 

1) Acquista solo a prezzi bassi e sottovalutati
Benjamin Graham ha constatato che i titoli azionari caratterizzati da un basso rapporto Prezzo/Utili, un basso rapporto Prezzo/Patrimonio Netto ed un alto rendimento dei dividendi (Dividend Yield) risentono molto meno delle fasi ribassiste del mercato azionario rispetto ai titoli quotati a prezzi alti e sopravvalutati. Quest'ultimi tendono a perdere gran parte del loro valore di borsa durante le correzioni del mercato. Al contrario, le azioni scambiate a prezzi bassi e sottovalutati tendono ad essere maggiormente stabili, mantenendo meglio il loro valore di borsa senza eccessivi ribassi.

2) Acquista solo aziende eccezionali, di alta qualità ed in ottima salute
Anche se nel breve periodo la quotazione può risentire dei ribassi del mercato, sul lungo periodo essa tenderà sempre a riflettere le reali condizioni e caratteristiche economiche dell'azienda. Con ciò voglio dire che se l'azienda è davvero di buona qualità, essa sarà in grado di affrontare e superare efficacemente le fasi negative del ciclo economico (crisi, recessioni, problemi di varia natura). Essa potrà generare risultati negativi per un certo lasso di tempo, ma sul lungo periodo si riprenderà e tornerà alla situazione pre-crisi. Lo stesso farà la quotazione.
Una volta Warren Buffett disse: "acquisto solo titoli che sarei perfettamente contento di tenere in portafoglio anche se il mercato azionario dovesse chiudere per dieci anni di seguito".

3) Ignora le fasi ribassiste
Warren Buffett e molti altri sostengono per guadagnare bene in borsa è necessario ignorare le performance del mercato per il 99% del tempo; ciò su cui ti devi concentrare è l'andamento dell'economia reale. Se quest'ultima cresce, sul lungo periodo cresceranno anche le quotazioni, indipendentemente dalle oscillazioni o correzioni di breve periodo. Di conseguenza, bisogna solo avere pazienza. Il grafico seguente (Di Jashuah - Own work by uploader, data from Stooq.com, commons.wikimedia.org) mostra l'andamento dello S&P 500 dal 1789 al 2012:
E' evidente che sul lungo periodo esso tende sempre a crescere, in modo da riflettere il positivo andamento dell'economia reale. Anche se avessimo investito nei momenti peggiori, non avremo mai perso soldi. Ebbene, fin quando i profitti delle aziende continueranno a crescere, lo stesso faranno le quotazioni.

4) Acquista solo quando il mercato azionario si trova a livelli sostenibili
Questo accorgimento può essere assimilato al primo punto, ovvero quello sull'acquistare solo quando i prezzi sono ragionevolmente bassi. Solo che, mentre nel primo punto la mia considerazione era in merito ai singoli titoli azionari, ora vi sto suggerendo di guardare pure al mercato azionario nel suo complesso. Anche per quest'ultimo è possibile calcolare il rapporto Prezzo/Utili; quando tale rapporto raggiunge livelli troppo alti (generalmente sopra 20), il mercato si trova a livelli insostenibili, e deve correggersi in modo da riportare le quotazioni a livelli ragionevolmente in linea con l'economia reale. L'ideale sarebbe acquistare quando il rapporto Prezzo/Utili del mercato nel suo complesso è in linea con la media storica (circa 15-17) o, ancora meglio, inferiore alla media storica.

5) Proporzione bilanciata tra azioni e obbligazioni in base ai livelli del mercato azionario
Già in un altro articolo avevo spiegato questo metodo di gestione del portafoglio, ideato da Benjamin Graham. Esso consiste nell'affrontare le fluttuazioni del mercato attraverso una proporzione bilanciata tra titoli azionari e titoli obbligazionari; l'obbiettivo di questo approccio è ridurre il rischio totale investendo più denaro in obbligazioni quando il mercato azionario è sopravvalutato, e più denaro nel mercato azionario quando quest'ultimo è sottovalutato.
Per esempio, in una situazione in cui il mercato azionario è abbastanza sottovalutato, un buon bilanciamento può prevedere di investire il 75% del portafoglio in azioni ed il 25% in obbligazioni; in una situazione in cui il mercato azionario è molto sopravvalutato, per proteggerci dal rischio possiamo investire il 75% del portafoglio in obbligazioni e solo il 25% in azioni; e una via di mezzo può prevedere un bilanciamento in parti uguali tra azioni e obbligazioni, ovvero 50 e 50. L'obbiettivo è bilanciare il portafoglio in base ai livelli del mercato azionario. Ovviamente, valuteremo il livello del mercato (e quindi la sua sottovalutazione o sopravvalutazione) utilizzando il rapporto Prezzo/Utili esposto nel punto appena precedente.

6) Diversificazione degli investimenti
Per quanto puoi impegnarti nella selezione di titoli azionari vincenti, durante una fase ribassista il tuo portafoglio di azioni tenderà sempre a perdere soldi. Se pensi che il mercato azionario si trovi a livelli sempre meno sostenibili, forse è arrivato il momento di dirottare una buona parte dei tuoi risparmi verso altri tipi di investimenti. Possedere un portafoglio ben diversificato è la chiave per generare davvero ricchezza.
Il primo investimento alternativo che ti suggerisco sono i titoli azionari di altri paesi; infatti, non è detto che tutti i listini internazionali debbano risentire allo stesso modo di una crisi finanziaria. Diversificare su più mercati azionari di nazioni diverse può costituire una buona protezione.
Il secondo investimento alternativo che ti propongo sono i titoli obbligazionari, sia quelli aziendali che i titoli di stato. Quando pensiamo alle obbligazioni, le associamo a rendimenti eccessivamente bassi; eppure, non deve essere per forza così. Per accrescere il nostro rendimento (senza eccedere nel rischio) possiamo usufruire di un fondo indicizzato obbligazionario, oppure puntare sui titoli di stato dei paesi emergenti. Vedi 11 investimenti con basso rischio e alto rendimento per farti un'idea.
Ovviamente, per diversificare il nostro portafoglio non ci sono solo azioni, obbligazioni e fondi. Prendi in considerazione di acquistare immobili, avviare un'attività imprenditoriale, investire in business privati già avviati, metalli preziosi, Peer To Peer Lending, energie rinnovabili, fondi immobiliari, Private Equity, Venture Capital, opere d'arte. Vedi 7 investimenti alternativi che ogni investitore dovrebbe considerare.

7) Investi in strumenti le cui quotazioni tendono a muoversi in direzioni opposte
John Maynard Keynes, il padre dell'economia moderna, sosteneva che uno dei metodi migliori per proteggersi dalla volatilità che caratterizza i titoli azionari consiste nel diversificare il portafoglio investendo in beni i cui prezzi tendono a muoversi in direzioni opposte, o comunque che sono indipendenti l'uno dall'altro. Un esempio di ciò sono i titoli azionari e l'oro.

8) Non utilizzare la leva finanziaria
Utilizzare denaro non tuo per investire in titoli azionari è ovviamente un metodo molto semplice per finire in bancarotta. Un approccio del genere rischia di accentuare pesantemente le tue perdite.

e qui di seguito una considerazione aggiuntiva:

9) Ricordati sempre che le migliori opportunità d'investimento si possono trovare proprio durante i pesanti ribassi del mercato azionario. E' durante questi periodi che possiamo acquistare anche le aziende più eccellenti a prezzi irrazionalmente bassi e sottovalutati.



ARTICOLI CORRELATI:

Questa è la differenza fondamentale tra ricchi e poveri

Come ridurre il rischio dell'investimento sfruttando a proprio vantaggio la volatilità del mercato

Se nel 2009 avessi investito in queste 3 azioni, oggi saresti milionario

lunedì 13 marzo 2017

Le 3 regole per prevedere con accuratezza le prospettive future di un'azienda



Uno dei fattori che più influenza il valore di un titolo azionario ed il prezzo che siamo disposti a pagare per esso, è la crescita dell'azienda (in termini di fatturato, profitti, asset, capitale netto). Per tali motivi siamo portati ad investire in aziende che hanno storicamente dimostrato di essere molto abili nel generare crescita; eppure, la crescita passata non garantisce che l'azienda continuerà a crescere anche in futuro. E' da questa incertezza riguardo i risultati futuri che deriva il rischio di un investimento a lungo termine. L'azienda continuerà a crescere e ad espandersi? O comunque riuscirà a mantenere la situazione attuale?
Uno dei metodi più utilizzati dagli analisti finanziari consiste nel cercare di prevedere i futuri risultati dell'azienda; eppure, queste stime sono soggette ad ampi ed imprevedibili errori. Quindi, come facciamo ad essere sicuri che un futuro apparentemente roseo non si trasformi in un incubo? Quali fattori determinano il prezzo che devo essere disposto a pagare per un titolo azionario?
Ovviamente, maggiori sono le incertezze riguardo i futuri risultati di un'azienda, più il titolo è rischioso; e più il titolo è rischioso, minore è il prezzo che sono disposto a pagare. Ma ora concentriamoci sulle incertezze riguardo i risultati futuri ed il rischio allegato a queste incertezze. Come facciamo a giudicare e valutare (e di conseguenza minimizzare) con una certa accuratezza il rischio legato all'incertezza dei risultati futuri?
Sapendo che il rischio in un investimento a lungo termine dipende dall'incertezza riguardo i futuri risultati dell'azienda (in termini di fatturato, profitti, capitale netto), per minimizzarlo è necessario individuare degli elementi decisivi attraverso il quale valutare e determinare accuratamente le prospettive future. Il nostro obbiettivo è individuare aziende ragionevolmente prevedibili, di cui possiamo avere certezze riguardo i futuri risultati fondamentali; in questo modo si riduce il rischio. Ma quali sono questi elementi decisivi grazie ai quali possiamo assumere maggiori certezze riguardo le prospettive future? Qui di seguito vi propongo i fattori primari utili a valutare e determinare i futuri risultati dell'azienda con un certo grado di accuratezza.

1) Le prospettive a lungo termine generali
Gli analisti finanziari propongono sempre stime e previsioni riguardo i futuri risultati di un'azienda; tali previsioni si riflettono nei prezzi dei titoli azionari. Prezzi più alti saranno allegati alle aziende le cui previsioni sono più rosee; prezzi più bassi apparterranno ad aziende le cui previsioni sono meno positive. Le stime di crescita futura proposte dagli analisti sono uno dei tanti fattori da tenere in considerazione. Tuttavia, esse non garantiscono certezze e seguendole ciecamente rischiamo solo di pagare prezzi eccessivamente alti, il che aggiungerebbe un importante fattore di rischio speculativo al nostro investimento. Quindi, teniamo in considerazione le stime degli analisti, ma comunque cerchiamo anche altri elementi che ci possano dare ulteriori certezze; e soprattutto, non paghiamo mai un prezzo eccessivamente alto. In generale: maggiori sono le certezze riguardo i futuri risultati dell'azienda, maggiore è il prezzo che possiamo essere disposti a pagare (e minore il margine di sicurezza). Minori sono le certezze riguardo i futuri risultati dell'azienda, minore è il prezzo che possiamo essere disposti a pagare (e maggiore dovrà essere il nostro margine di sicurezza). In ogni caso, mai pagare un prezzo superiore al valore intrinseco (anche se abbiamo certezze assolute).
Ma ora passiamo oltre; qui di seguito vi propongo gli elementi decisivi che possono fornirci certezze riguardo le prospettive a lungo termine generali.

Prima di tutto dovremmo chiederci: cosa fa crescere un'azienda? Da dove vengono i suoi profitti?
Questi qui di seguito sono gli elementi che influenzano negativamente le future prospettive di un'azienda:
   a) Sappiamo che spesso le aziende investono capitali per acquistare altre aziende; ebbene, una media di più di due o tre acquisizioni all'anno, è un cattivo segno. Un'eccessiva diversificazione (se per di più incontrollata) rischia di distruggere il business originale, causando forti perdite. Soprattutto dobbiamo diffidare da quelle aziende che si espandono in settori completamente diversi da quello originario (core business). Dopotutto, se addirittura l'azienda stessa preferisce acquistare altri business piuttosto di investire nel suo, perché dovremmo essere noi a fidarci?
Con questa considerazione non voglio assolutamente dire che acquisire altre aziende è sempre qualcosa di negativo; acquisire altre aziende, se fatto in modo controllato e non eccessivo, investendo solo in settori attinenti con il business originale, è di estrema importanza per garantire una crescita sostenibile.
   b) L'azienda assume grandi quantità di debito o vende nuove azioni sul mercato. Ovviamente, il fatto che l'azienda debba finanziarsi con soldi non suoi (cioè non in grado di finanziarsi autonomamente) è un segno di cattiva gestione, bassa redditività, insostenibilità della crescita futura. Queste grandi quantità di denaro derivante dall'assunzione di debito o dalla vendita di nuove azioni sul mercato (entrambe cose estremamente negative per gli azionisti) sono riportate nel flusso di cassa dell'azienda, alla voce "Totale flussi monetari da attività di finanziamento"; vedere una così grande quantità di denaro nel flusso di cassa può dare l'impressione assolutamente fuorviante che l'azienda sia molto redditizia. In questo modo sembrerà che l'azienda stia crescendo, anche se in realtà il business non è in grado di generare redditività.
   c) Da evitare sono le aziende il cui fatturato deriva in gran parte da uno o pochi clienti; è ovvio che vendere il 20/25% delle proprie merci (o servizi) ad un singolo clienti (o ad una manciata di clienti) determina una situazione alquanto precaria.

Quando analizziamo la sorgente della crescita e dei profitti, i seguenti sono buoni segni:
   a) L'azienda possiede dei vantaggi competitivi durevoli (e capacità di mantenerli); molti fattori possono creare un vantaggio competitivo: 1) un forte brand, 2) un monopolio o semi monopolio del mercato, 3) l'economie di scala (economies of scale), ovvero la capacità di fornire enormi quantità di beni e servizi a costi estremamente bassi, 4) un asset intangibile unico (pensa alla formula segreta di Coca Cola). Per capirne di più vedi Come identificare le azioni eccellenti - i vantaggi competitivi. Per identificare la presenza di vantaggi competitivi attraverso l'analisi dei rendiconti economici vedi Come Warren Buffett analizza il rendiconto economico.
   b) L'azienda mostra un trend di crescita del fatturato e dei profitti storicamente costante, continua, stabile ed uniforme almeno negli ultimi dieci anni. Non cerchiamo tassi di crescita eccessivi, in quanto ciò può indicare instabilità, incertezza ed insostenibilità dei risultati futuri; insomma, una crescita eccessiva non può andare avanti molto a lungo. Di conseguenza, ci accontentiamo di una crescita più contenuta ma costante, stabile e sostenibile sul lungo periodo. Secondo numerosi studi, le aziende il cui utile per azione cresce ad un tasso eccessivo (superiore al 15% annuo) generalmente tendono ad arrestare la loro insostenibile corsa troppo in fretta. Le aziende il cui utile per azione cresce ad un tasso più contenuto (5-10% annuo) tendono ad arrivare più lontano.
Anche se la crescita passata non da certezze riguardo la crescita futura, essa è comunque un ottimo segno di prosperità e abilità; ad esempio, Warren Buffett preferisce concentrarsi sulla prevedibilità delle aziende. Un'azienda è prevedibile quando mostra una crescita storicamente costante, consistente, stabile e definita di utile per azione e fatturato, ogni anno in almeno gli ultimi dieci anni.
   c) Per poter continuare a crescere, un'azienda deve obbligatoriamente effettuare investimenti per lo sviluppo di nuovi prodotti o processi e l'espansione geografica o di settore. Espandersi in nuovi mercati così come sviluppare nuovi business, è di estrema importanza per poter supportare la crescita futura. Pensa a McDonald; per quanto possa essere un'azienda matura, periodicamente deve ideare nuovi menù. Nike deve sviluppare nuove scarpe. Coca Cola nuove bibite così come deve espandersi in nuove regioni (pensate che ora è presente in quasi tutti i paesi del mondo). Starbucks Coffee deve aprire nuovi locali. Wal-Mart deve aprire nuovi punti vendita.
Le aziende più redditizie sono quelle che trattengono i profitti (piuttosto di distribuirli in dividendi) e li reinvestono per finanziarie la crescita e l'espansione. Per capirne di più vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato.


2) La qualità del management
In molti altri articoli ho sottolineato come la valutazione del management sia di fondamentale importanza. In particolare è necessario valutare: 1) la sua abilità nel realizzare il pieno potenziale del business; 2) la sua capacità di impiegare saggiamente il flusso di cassa dell'azienda (vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato); 3) la certezza con cui si può fare affidamento sul fatto che il management incanali i guadagni del business verso gli azionisti piuttosto che verso se stessi (il management deve dimostrare di essere orientato agli interessi degli azionisti); 4) la competenza e l'onesta.
E' giusto assumere che un'azienda di grande successo è sicuramente gestita da un management eccezionale; sono i fatti stessi che lo confermano. Se il management ha già in passato dimostrato di saper gestire l'azienda in modo impeccabile (generando crescita e redditività, nonché ricchezza per gli azionisti), con tutta probabilità continuerà a fare lo stesso anche in futuro.
Qui di seguito elenco alcune qualità fondamentali che di solito caratterizzano un management eccezionale:

  • Il management possiede significativi investimenti personale nelle azioni dell'azienda che gestisce. Come facciamo ad essere sicuri che coloro i quali dirigono l'azienda (management) agiscono effettivamente negli interessi delle persone che possiedono l'azienda (azionisti)? Se il management possiede una significativa porzione della propria ricchezza investita nelle azioni dell'azienda che gestisce, è ovvio che sarà maggiormente motivato ad agire negli interessi degli azionisti (fare altrimenti significherebbe agire contro i propri interessi). Quindi, ciò che cerchiamo è un management-azionista.
  • Effettuando grossi riacquisti di azioni proprie, il management dimostra chiaramente di impegnarsi in azioni che aumentano il benessere degli azionisti (piuttosto di azioni che espandono il dominio del management senza benefici per gli azionisti). In questo modo, il management dimostra di essere orientato agli interessi degli azionisti. Per capirne di più vedi La caratteristica vincente dei titoli azionari più ricchi - il riacquisto di azioni proprie.
  • I manager eccezionali sanno trovare i modi più redditizi per impiegare il denaro e i flussi di cassa dell'azienda, crescendo in valore sul lungo periodo; per capirne di più vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato.


3) Forza finanziaria e struttura aziendale
La definizione più basilare di una buona azienda è questa: essa genera più denaro liquido di quanto ne consumi. Se questo denaro viene impiegato in maniera produttiva, il valore dell'azienda crescerà sicuramente. Per comprendere se un'azienda genera molta liquidità è necessario concentrarsi sul Free Cash Flow piuttosto che sui profitti netti totali. Il Free Cash Flow rappresenta il flusso di cassa effettivamente disponibile all'azienda dopo aver tolto tutte le spese fisse dall'utile netto. Se il Free Cash Flow è cresciuto in modo costante negli ultimi dieci anni ad un tasso del 5-10% medio annuo, significa che l'azienda è abile nel generare cassa e le prospettive di crescita sono buone (a patto che tale cassa sia impiegata e reinvestita in modo redditizio). Come già detto appena sopra, i manager eccezionali sanno trovare i modi più redditizi per impiegare il denaro e i flussi di cassa dell'azienda, crescendo in valore sul lungo periodo; per capirne di più vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato.
Nel valutare la struttura finanziaria è importante comprendere se l'azienda è in grado di finanziarsi autonomamente oppure deve ricorrere al debito. Generalmente, il debito a lungo termine deve essere inferiore al 50% del capitale netto; ciò implica un rapporto Debt/Equity inferiore a 0,50. Per saperne di più riguardo la valutazione della forza finanziaria di un'azienda vedi 7 valori fondamentali per determinare la salute finanziaria.



domenica 12 marzo 2017

Che rendimento dovremmo ottenere per generare DAVVERO ricchezza?



Immaginiamo di essere in un mondo in cui l'inflazione è pari al 5%. Cosa ne deriva? Il nostro denaro perde il 5% del suo potere d'acquisto ogni anno. E' per questa ragione che dobbiamo investire i nostri soldi; se non lo facciamo e manteniamo il nostro denaro in liquidità, perderemo potere d'acquisto.
Da ciò che ho spiegato qui sopra ne deriva che in un mondo di inflazione al 5%, dovremmo ottenere almeno un rendimento del 5% sul nostro investimento, in modo da compensare la perdita di potere d'acquisto. Ma ovviamente, con un rendimento del 5% in un mondo in cui l'inflazione è al 5%, non otterremo alcun aumento del nostro potere d'acquisto. Quindi, in un mondo in cui l'inflazione è al 5%, per ottenere una reale crescita del nostro potere d'acquisto dovremmo realizzare un rendimento sul nostro investimento superiore al 5%. E in un mondo in cui l'inflazione è al 7%, dovremmo ottenere un rendimento superiore al 7% se vogliamo aumentare il nostro potere d'acquisto.
Dobbiamo aggiungere un'ulteriore considerazione riguardo la tassazione. Immaginiamo di riuscire ad ottenere un rendimento del 5% sul nostro investimento, in un mondo in cui la tassazione è al 25%. Ciò significa che le tasse si prendono il 25% del nostro rendimento; ne deriva che il nostro rendimento, una volta tolte le tasse, è pari al 3,75%. E se l'inflazione è al 5%, un rendimento del 3,75% non basta per compensare interamente la diminuzione del nostro potere d'acquisto. Il nostro denaro non perderà il 5% del suo potere, ma ne perderà l'1,25%; il che non è positivo, in quanto il nostro obbiettivo non è solo quello di compensare la perdita del nostro potere d'acquisto, ma anche di ottenere un aumento di esso. Da tutto ciò ne deriva che in un mondo di inflazione al 5% e tassa sul reddito al 25%, dovremmo ottenere un rendimento di circa il 6,66% solo per compensare l'inflazione ed evitare che il nostro potere d'acquisto diminuisca. In un mondo del genere, avrai bisogno di un rendimento del 6,66% annuo solo per mantenere intatta la tua ricchezza, senza che essa diminuisca sotto i colpi dell'inflazione.

Immaginiamo di investire in un'obbligazione X che da un rendimento pari al 7% annuo, in un mondo di inflazione al 5% e tassa sul reddito al 25%. Togliendo le tasse, il tuo rendimento scenderà dal 7% al 5,25%. Da quest'ultimo risultato dovremmo sottrarre il tasso di inflazione: 5,25-5=0,25. Ciò significa che il nostro reale rendimento è dello 0,25%; in altre parole, il nostro potere d'acquisto è aumentato dello 0,25%.
Insomma, se vuoi ottenere un reale aumento del tuo potere d'acquisto, dovrai realizzare un rendimento sul tuo investimento che sia superiore agli effetti di inflazione e tassazione.
Warren Buffett ha più volte affermato che i politici tendono sempre ad inflazionare l'economia al tempo stesso in cui aumentano le tasse. Ne deriva che il tasso di rendimento minimo che lui cerca di ottenere dal suo investimento è del 15% medio annuo composto.
Secondo Benjamin Graham, le azioni sono lo strumento migliore per proteggersi dall'inflazione.

Molte persone "prudenti" non effettuano investimenti per paura di perdere il proprio denaro. Eppure, in un mondo in continuo cambiamento, che alterna inflazione e deflazione, e con tasse in costante variazione, essere prudenti è la cosa più rischiosa che si può fare. Quest'ultima frase è un riadattamento in chiave finanziaria del pensiero di Reid Hoffman (presidente, cofondatore ed azionista di controllo di Linkedin). Sempre secondo Hoffman: "tutto nella vita implica un rischio e quello che bisogna imparare, in realtà, è come riuscire a navigarlo".



ARTICOLI CORRELATI:

Il miglior investimento in assoluto (SECONDO UN UOMO DA 3 TRILIARDI DI $).

11 investimenti con basso rischio e alto rendimento.

Quanto devi risparmiare ogni mese per avere 1 milione alla pensione.

Questa è la differenza fondamentale tra ricchi e poveri

Investire come John Maynard Keynes, il padre dell'economia moderna



Molti di voi avranno certamente sentito parlare di John Maynard Keynes, un economista britannico, padre della macroeconomia e considerato il più influente tra gli economisti del novecento. Le sue idee hanno generato la cosiddetta rivoluzione keynesiana, ed oggi i risultati dei suoi studi costituiscono il fondamento dell'economia moderna. Insomma, una delle figure più importanti della storia, che ha effettivamente segnato l'epoca attuale.
Tutti lo conoscono per le sue teorie riguardo la macroeconomia, ma pochi sanno che Keynes è stato anche un investitore di grande successo. I risultati straordinari che ha ottenuto investendo in titoli azionari rappresentano un'ulteriore testimonianza della sua assoluta genialità in campo economico. Keynes amministrò personalmente un fondo d'investimento per conto del King's College a Cambridge, ottenendo un rendimento di oltre il 13% medio annuo tra il 1928 ed il 1945, contro il rendimento negativo del listino azionario britannico (il quale nello stesso periodo è sceso dello 0,5% medio annuo); tutto ciò nonostante la crisi del 1929. Ma come ha fatto Keynes ad ottenere questi rendimenti davvero ragguardevoli? Qual'è il suo metodo d'investimento? E' quello che tenterò di spiegare in questo articolo.

Studiando la strategia d'investimento di Warren Buffett, possiamo facilmente notare che l'oracolo di Omaha è stato effettivamente influenzato dalle idee di John Maynard Keynes riguardo il mercato azionario. In particolare, Buffett ha estrapolato dal metodo di Keynes due concetti fondamentali: 1) la necessità di investire solo in aziende che comprendi e conosci particolarmente bene e di cui sei profondamente esperto; 2) il concetto del portafoglio concentrato, ovvero la necessità di evitare una diversificazione eccessiva in favore di una minor quantità di titoli. L'idea che sta alla base di questi due concetti è molto semplice: concentrare la propria attenzione ed il proprio impegno su poche aziende che conosci e comprendi davvero bene, e a cui puoi dare piena fiducia. Keynes sostiene che è un errore tentare di abbassare il rischio spalmandolo su un'eccessiva quantità di aziende diverse. Infatti, in questo modo andremo ad investire in aziende che non conosciamo davvero bene e di cui non ci fidiamo pienamente. Egli sostiene che la conoscenza è limitata, e raramente ci sono più di due o tre aziende a cui poter dare piena fiducia.
Inoltre, molti investitori effettuano una diversificazione così eccessiva che finiscono per possedere un'enorme quantità di partecipazioni azionarie in aziende di cui non conoscono niente o quasi niente. Per tali motivi, adottare un portafoglio maggiormente concentrato ci permette di porre la nostra attenzione su poche aziende che comprendiamo perfettamente e in cui riponiamo una fiducia tale da essere disposti a tenerle in portafoglio per un periodo di tempo davvero lungo. L'obbiettivo di questo approccio è quello di compensare i rischi del mercato non attraverso un'eccessiva diversificazione, bensì attraverso una conoscenza estremamente approfondita delle aziende oggetto d'investimento; tale conoscenza approfondita permette di concentrare la propria attenzione ed il proprio impegno in poche aziende di cui siamo particolarmente esperti e a cui possiamo dare piena fiducia. In contrasto, un'eccessiva diversificazione implica l'acquisto di azioni che non rientrano nelle nostre competenze e di cui sappiamo poco o niente, lasciando spazio a molti errori di valutazione.
In diverse occasioni Warren Buffett ha affermato che la diversificazione è una protezione contro l'ignoranza; pertanto essa non ha ragion d'esistere se conosci bene le aziende in cui intendi investire.
Per tali motivi, è meglio concentrare il proprio impegno nell'individuare poche aziende assolutamente eccezionali a cui dare piena fiducia.

L'approccio all'investimento di John Maynard Keynes comprende anche altri concetti fondamentali; oltre a selezionare un numero ridotto di investimenti, Keynes si concentrava anche sull'economicità del prezzo d'acquisto. Egli preferiva acquistare solo quando la quotazione gli offriva un prezzo basso, scontato e vantaggioso rispetto al valore intrinseco. [Per valore intrinseco intendiamo un valore che rifletta le reali caratteristiche, condizioni e prospettive economiche dell'azienda oggetto d'analisi; la necessità di calcolare questo valore deriva dal fatto che molto spesso la quotazione di borsa non riflette le reali caratteristiche, condizioni e prospettive economiche dell'azienda e quindi il valore intrinseco corrispondente. Le situazioni profittevoli si verificano quando il mercato ci offre la possibilità di acquistare ad un prezzo sottovalutato rispetto al valore intrinseco, che qui assumiamo come il reale valore del titolo azionario (a differenza della quotazione di borsa, che spesso non riflette il reale valore). Per saperne di più vedi Guida completa al Value Investing.] Inoltre, Keynes suggerisce di valutare ogni investimento in rapporto a possibili investimenti alternativi.

Un'altro aspetto molto interessante della strategia d'investimento di John Maynard Keynes riguarda la distribuzione dei profitti agli azionisti sotto forma di dividendi. Keynes afferma che le aziende ben gestite generalmente non distribuiscono per intero agli azionisti i propri profitti. Tali aziende trattengono parte dei profitti e li reinvestono nel business per finanziare la crescita. Ciò genera una sorta di interesse composto che agisce a favore dell'azienda. Avevo scritto un altro articolo che approfondisce questo concetto del reinvestimento degli utili trattenuti; vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato.

Un ulteriore metodo utilizzato da John Maynard Keynes consiste nell'effettuare gli investimenti in maniera bilanciata; l'obbiettivo è assumerci una varietà di rischi possibilmente contrapposti, cioè che tendono a muoversi in direzioni opposte. Ciò ci permetterebbe di compensare il ribasso di un investimento con il rialzo del suo contrapposto. Un esempio sono l'oro e le azioni: queste tendono a muoversi in modo opposto.



ARTICOLI CORRELATI:

Le sole 2 cose che devi conoscere per guadagnare in borsa secondo Warren Buffett

Quanto devi risparmiare ogni mese per avere 1 milione alla pensione.

Le 5 caratteristiche di un'azienda di successo

sabato 11 marzo 2017

La checklist definitiva per investire in azioni senza errori



Acquistare azioni è ampiamente riconosciuto come uno degli investimenti più rischiosi in assoluto. L'obbiettivo di una qualsiasi strategia d'investimento è quello di ridurre al minimo il rischio e massimizzare il rendimento. Eppure, per quanto una strategia possa essere elaborata e complessa, molto spesso essa non basta per ridurre al minimo il rischio legato ai titoli azionari; infatti, molto spesso ciò che rende rischioso un investimento in azioni è legato all'assetto mentale dell'investitore. Le mancanze di quest'ultimo possono determinare delle scelte sbagliate. Il nostro obbiettivo deve essere quello di compensare i rischi del mercato attraverso una conoscenza molto approfondita delle azioni oggetto d'investimento. Tale conoscenza approfondita permette di concentrare la propria attenzione ed il proprio impegno in aziende di cui sei particolarmente esperto, così esperto da non lasciare spazio ad errori di valutazione. Così si diminuisce il rischio dell'investimento: attraverso una conoscenza tanto approfondita (delle aziende oggetto d'investimento) da non lasciare spazio ad errori.

Con questa introduzione intendo dire che la necessità principale per un investitore è quella di non lasciare nulla al caso. Pertanto, dopo aver effettuato un'analisi approfondita dei titoli azionari che vogliamo acquistare e prima di acquistarli, è estremamente utile revisionare il tutto per essere sicuri di non aver tralasciato nulla o commesso errori di valutazione. Per fare ciò gli strumenti più utili sono le checklist, le quali ci permettono di compensare le mancanze della nostra memoria, rendendo il nostro approccio più razionale, preciso e meno legato alla nostra fallace percezione della realtà.
Ho avuto l'idea di scrivere una checklist per gli investimenti leggendo un articolo riguardo Mohnish Pabrai, un ricco finanziere indiano che ha convertito la sua strategia d'investimento in una lista di criteri al quale attenersi nella scelta dei titoli azionari; grazie a questo approccio estremamente razionale che non lascia spazio ad errori, Pabrai ha overperformato il mercato nel suo complesso di oltre il 1100% in quindici anni.
Ora voglio proporvi la mia personale checklist definitiva, a cui è necessario attenersi per essere sicuri di non lasciare nulla al caso. Non è nient'altro che un sommario delle cose che dovresti considerare, conoscere e approfondire riguardo i titoli azionari su cui vorresti investire, da riguardare sempre prima di effettuare l'acquisto.

  • Il rapporto Prezzo/Utili. Questo ci permette di comprendere se il prezzo di un titolo è alto o basso. Acquistare ad un prezzo basso è la chiave per effettuare un investimento redditizio. Se acquisti quando il rapporto Prezzo/Utili è eccessivamente alto e qualcosa va storto, non guadagnerai niente.
  • Il record di crescita dei profitti aziendali. Sono sporadici e instabili (negativo) o costanti e consistenti (positivo)?
  • L'analisi del bilancio mostra un'azienda finanziariamente forte o debole (rapporto Debt/Equity)? 
  • La posizione di cassa. L'azienda possiede una grande riserva di liquidità netta? Ad esempio, se un'azienda X possiede 15$ di liquidità netta per azione, difficilmente la quotazione scenderà sotto questa cifra.
  • Gli insider stanno acquistando? L'azienda sta facendo riacquisto di azioni proprie? Entrambi sono segni estremamente positivi.
  • Cattiva diversificazione. Sappiamo che molto spesso le aziende investono capitali per acquisire nuovi business o espandersi in settori diversi. Tuttavia, un'azienda che diversifica in modo incontrollato, espandendosi in settori molto diversi da quello originario e investendo in business che non rientrano nelle sue competenze, rischia di distruggere il business originale. Facciamo un esempio: ha senso che un'azienda come Marriot, il cui business originale si occupa di hotel e ristorazione, acquisisca altre catene di ristoranti, hotel o dormitori; non ha senso che la stessa azienda si espanda nel settore dei video games o delle automobili. Per tali motivi, un investitore accorto deve controllare se l'azienda mostra segni di cattiva diversificazione. Quest'ultima potrebbe determinare una riduzione dei futuri profitti aziendali.
  • Verifica il tasso di crescita medio annuo storico dell'azienda (in termini di fatturato e utile per azione) calcolato almeno sugli ultimi dieci anni, e accertati che negli ultimi anni l'azienda stia mantenendo lo stesso tasso di crescita (senza rallentare o mostrare segni di cedimento). Ad esempio, consideriamo un'azienda X il cui utile per azione è cresciuto negli ultimi 10/15 anni ad un tasso di crescita medio annuo del 10%; sarebbe un cattivo segno se recentemente l'utile per azione avesse rallentato la sua crescita al 5-7% medio annuo.
  • Dai un'occhiata a come l'azienda se l'è cavata durante le passate recessioni e crolli del mercato azionario.
  • Spesso l'introduzione di un nuovo prodotto molto promettente ci può spingere ad acquistare il titolo azionario dell'azienda che lo vende, nella speranza che tale nuovo prodotto possa portare crescita, ricchezza e successo per l'azienda. Quando facciamo ciò, è importante verificare che il nuovo prodotto costituisca una porzione considerevole del business aziendale; ad esempio, se il prodotto contribuisce a generare solo il 5% del fatturato, per quanto possa essere promettente e di successo, non potrà favorire molto la crescita dell'azienda nel suo complesso.
  • Verifica che l'azienda abbia ancora mercati su cui espandersi per generare crescita, sia in termini geografici che di settore.
  • Verifica che il rapporto Prezzo/Utili sia pari ad un valore prossimo al tasso di crescita dell'utile per azione (basso PEG). 
  • La crescita e l'espansione stanno rallentando o accelerando? 
  • Se stai acquistando un titolo azionario per ottenere la cedola annuale, fa attenzione a che percentuale dell'utile netto viene corrisposta agli azionisti sotto forma di dividendi (payout ratio). Se viene distribuita una piccola parte dei profitti totali, la situazione è sostenibile e difficilmente vedrai ridurti la tua cedola (anche nei periodi più negativi). Se viene distribuita una grossa fetta dei profitti totali, i tuoi dividendi sono a rischio.
  • Evita le aziende "scottanti" in settori "scottanti". Con questo aggettivo intendiamo le aziende che attualmente sono al centro dell'attenzione, che vanno più di moda e che tutti seguono. Esse risentono pesantemente di qualsiasi notizia negativa, pertanto sono più rischiose.
  • L'ideale sarebbe investire in un'azienda che appare noiosa, banale, trascurata dal mercato.
  • Le azienda prive di debito non vanno in bancarotta.
  • Studia come i profitti (e i dividendi) dell'azienda hanno reagito alle ultime recessioni.
  • Preferisci le aziende in cui il management possiede dei significativi investimenti personali. Se il management possiede una grossa quantità di azioni della stessa azienda che gestisce, sarà più motivato e (soprattutto) maggiormente orientato agli interessi degli azionisti (in quanto è uno di loro).
  • Gli acquisti degli insider sono segni positivi, specialmente quando più individui acquistano nello stesso momento.
  • Preferisci le aziende che effettuano sostanziosi riacquisti di azioni proprie. Vedi La caratteristica vincente dei titoli azionari più ricchi - il riacquisto di azioni proprie.



ARTICOLI CORRELATI: