martedì 28 febbraio 2017

Warren Buffett: "Attualmente non c'è alcun rischio bolla sul mercato. I prezzi delle azioni sono bassi e sottovalutati"



Il mercato azionario Usa è chiaramente sopravvalutato. Attualmente i prezzi delle azioni non riflettono le reali condizioni economiche delle aziende quotate. L'eccessivo ottimismo che negli ultimi periodi ha pervaso il mercato ha spinto le quotazioni a livelli insostenibili. Siamo in una bolla speculativa ed essa sta per scoppiare, la borsa non può salire all'infinito se non è sostenuta dall'economia reale.

Da oramai oltre un anno, le affermazioni che ho elencato qui sopra si sentono sempre più spesso. Gran parte degli investitori in tutto il mondo sono convinti che attualmente il mercato azionario statunitense è vicino al suo picco massimo, il quale sarà seguito da una fase ribassista. E' fisiologico.
E' di alcuni giorni fa la notizia uscita sul Sole 24 Ore secondo cui il 78% dei gestori considera il listino Usa chiaramente sopravvalutato. Ma cosa significa sopravvalutato? Significa semplicemente che i prezzi delle azioni non riflettono le reali condizioni e caratteristiche economiche attuali delle aziende quotate, pertanto ci si aspetta una fase ribassista che riporti le quotazioni a livelli ragionevoli. Ma cosa ha spinto le quotazioni a livelli così sopravvalutati? Possiamo individuare principalmente due cause:
1) la crescita dell'inflazione; quest'ultima tende a sfavorire il mercato obbligazionario. Di conseguenza i capitali si spostano verso il mercato azionario per mancanza di alternative. Tuttavia quanto può durare questa situazione? Dopotutto il mercato obbligazionario oggi è reduce da una fase rialzista che dura da decenni; inoltre, secondo molte stime basterebbe che il rendimento dei bond governativi a dieci anni toccasse la soglia del 3,5-4% ed il mercato azionario rischierebbe una pesante fase ribassista, in quanto i capitali tenderebbero a spostarsi maggiormente verso le obbligazioni.
2) Le promesse di Donald Trump; gli stimoli fiscali ed i tagli alle tasse che quest'ultimo ha promesso, potrebbero generare una forte crescita dei profitti aziendali. Tuttavia, secondo molti analisti questa crescita dei profitti (ancora comunque molto incerta) è stata già scontata dagli attuali prezzi di mercato.

Dall'inizio di novembre i piccoli risparmiatori sono stati pervasi da un irrefrenabile ottimismo. Il problema è che questo ottimismo ha spinto il mercato a livelli chiaramente sopravvalutati, il che è pericoloso.
Ma come facciamo a capire se i prezzi di mercato sono sopravvalutati o meno rispetto alle reali condizioni economiche (e quindi al reale valore) delle aziende corrispondenti? Generalmente si guarda al rapporto Prezzo/Utili. Quest'ultimo è il rapporto tra il prezzo di un titolo e l'utile per azione corrispondente (l'utile per azione si ottiene dividendo l'utile netto totale per il numero totale delle azioni circolanti, in modo da capire quanto utile netto corrisponde ad ogni azione; non va confuso con i dividendi, in quanto non tutti i profitti aziendali vengono corrisposti agli azionisti sotto forma di dividendi). Ad esempio un rapporto Prezzo/Utili di 15 significa che il prezzo di un titolo azionario è pari a 15 volte l'utile per azione. Qui di seguito vi mostro l'andamento del rapporto Prezzo/Utili medio dell'indice S&P 500 (dal sito multpl.com).


Attualmente il rapporto Prezzo/Utili dello S&P 500 è di oltre 26. Il che è abbastanza alto se pensate che generalmente ogni valore superiore a 15 è considerato sopravvalutato. In base ai dati storici possiamo facilmente ricavare che ogni qualvolta il rapporto Prezzo/Utili ha superato quota 20, il mercato è andato incontro ad una fase ribassista (in modo da riportare le quotazioni a livelli ragionevoli). Senza dubbio il valore attuale è ampiamente superiore alla media storica; tutto ciò è preoccupante se consideriamo che (come dice Jhon C Bogle) la regola di ferro dei mercati azionari è proprio il ritorno alla media. Analizzando il grafico soprastante possiamo notare che dopo il 1980/81, il rapporto Prezzo/Utili ha iniziato una salita verso livelli mai raggiunti prima. Perché? In parte a causa della famosa bolla delle Dot-com. Ma possiamo ragionevolmente teorizzare un'ulteriore causa: il ribasso dei rendimenti obbligazionari. Il seguente grafico (dal sito tradingeconomics.com) mostra come si è mosso il rendimento dei titoli di stato Usa dal 1912 ad oggi:

E' estremamente evidente come dal 1981 fino ad oggi i rendimenti non hanno fanno altro che scendere costantemente. E con le obbligazioni che rendono sempre meno, ne deriva che sempre più capitali si spostano verso le azioni in cerca di maggiori rendimenti. Ciò avrebbe portato il rapporto Prezzo/Utili a livelli sempre più alti.

Tutto ciò che vi ho spiegato sarà utile per comprendere meglio le recenti affermazioni di Warren Buffett.
In una recente intervista alla CNBC, l'oracolo di Omaha non solo ha affermato che non c'è alcun rischio bolla sul mercato azionario; ha addirittura detto che attualmente i prezzi delle azioni sono piuttosto bassi e sottovalutati. Il motivo di ciò sarebbe da ricercare nel rendimento estremamente basso legato ai titoli di stato Usa (circa 2,3% per quello decennale). Se il rendimento delle obbligazioni governative salisse, le azioni diverrebbero più dispendiose; in particolare, se il rendimento raggiungesse quota 7-8% annuo, i prezzi delle azioni sarebbero estremamente alti.
E' facile comprendere l'idea che sta alla base di queste affermazioni: se il rendimento dei titoli di stato è troppo basso, sempre più capitali si spostano verso il mercato azionario per cercare di ottenere rendimenti più alti. Ma esattamente qual'è la relazione o il calcolo che lega il prezzo delle azioni con il rendimento dei titoli di stato? Come fa Buffett a valutare se il prezzo di un'azione è sottovalutato o sopravvalutato basandosi sul rendimento dei titoli di stato? Per rispondere è necessario introdurre alcune precisazioni.

Uno dei concetti che stanno alla base del Value Investing (vedi Guida completa al Value Investing; essa è la strategia utilizzata da Warren Buffett) sostiene che molto spesso i prezzi di mercato delle azioni non riflettono le reali condizioni economiche (e quindi il reale valore) delle aziende quotate; i prezzi di mercato possono essere sottovalutati o sopravvalutati rispetto al reale valore delle aziende corrispondenti. Ma come facciamo ad effettuare questi tipo di valutazione? Come facciamo a capire se il prezzo di un titolo è alto o basso rispetto alle reali caratteristiche economiche dell'azienda? Ci sono principalmente due metodi per effettuare questa analisi.
Il primo metodo consiste nell'analizzare valori come il rapporto Prezzo/Utili (che ho già introdotto all'inizio dell'articolo), il rapporto Prezzo/Patrimonio Netto, il rapporto Prezzo/Fatturato, il PEG.
Questi valori sono di fondamentale importanza, ma per comprendere le affermazioni di Warren Buffett è necessario concentrarci su un altro metodo di valutazione, ovvero quello basato sul calcolo del Valore Intrinseco. Definiamo valore intrinseco un valore che rifletta le reali condizioni e caratteristiche economiche dell'azienda in questione. Se il prezzo è inferiore al valore intrinseco, il titolo è sottovalutato; se il prezzo è superiore al valore intrinseco, il titolo è sopravvalutato. Ci sono diversi modi per calcolare questo numero, ma ora ci concentreremo sul metodo preferito da Warren Buffett; ciò ci permetterà di comprendere perché, secondo lui, attualmente i prezzi delle azioni sono sottovalutati. Potremmo definire questo metodo come "Valore Intrinseco Relativo alle Obbligazioni Governative". Esso corrisponde semplicemente all'ammonto di denaro che è necessario investire in titoli di stato in un dato anno per ottenere lo stesso rendimento che il titolo azionario fornirebbe sotto forma di utile per azione. L'utile per azione (abbreviato in EPS) si ottiene dividendo l'utile netto totale per il numero totale delle azioni circolanti, in modo da capire quanto utile netto corrisponde ad ogni azione; non va confuso con i dividendi, in quanto non tutti i profitti aziendali vengono corrisposti agli azionisti sotto forma di dividendi. Può sembrare azzardato utilizzare nel calcolo l'intero utile per azione, visto che esso non viene mai interamente corrisposto agli azionisti; in realtà tale pratica è giustificata da valide argomentazioni che esporrò in un altro articolo. Per ora mi limiterò a dirvi che ai fini della sua strategia, Warren Buffett considera l'intero utile per azione come un reale profitto; ciò significa che se l'EPS di un titolo è pari a 5$, la sua opinione è di aver appena guadagnato 5$. Può sembrare molto strano, ma in teoria è un metodo valido.
Ma ora torniamo al Valore Intrinseco Relativo alle Obbligazioni Governative. Tutto ciò che Warren fa per calcolare il valore intrinseco è dividere l'EPS per l'attuale tasso di rendimento dei titoli di stato. Consideriamo un titolo azionario X, scambiato ad un prezzo di 60$, con un utile per azione pari a 5$. Immaginiamo che il rendimento dei titoli di stato decennali è pari al 10% annuo. Ora facciamo il calcolo: 5$ (utile per azione) diviso 0.10 (rendimento dei titoli di stato (10%) adeguato al calcolo), da un risultato relativo di 50$. Quest'ultimo è il valore intrinseco del nostro titolo azionario X. Ciò significa semplicemente che investendo 50$ in titoli di stato, al tasso di rendimento attuale (10%) otterrei 5$ di interessi. Detto in altre parole, i 5$ di utile per azione corrispondono al 10% di 50$. Inoltre, è evidente che in questo modo il prezzo del titolo azionario (60$) è sopravvalutato rispetto al valore intrinseco (50$). Ciò accade perché abbiamo considerato il caso in cui il rendimento dei titoli di stato è del 10%. Ma ora rifacciamo il calcolo utilizzando l'attuale rendimento dei titoli di stato (febbraio 2017), ovvero il 2,3%: 5$ (utile per azione) diviso 0.02 (rendimento dei titoli di stato (circa il 2%) adeguato al calcolo), da un risultato di 250$. Ciò significa che il Valore Intrinseco ora è di 250$, molto superiore ai 50$ ottenuti quando il rendimento dei titoli di stato era del 10%. E rispetto ai 250$ di valore intrinseco, il prezzo del titolo azionario X (60$) ora appare molto sottovalutato.

Ora riuscite a capire perché secondo Warren Buffett con dei tassi d'interesse così bassi i titoli azionari sono da considerare sottovalutati?

Dall'esempio che ho appena esposto possiamo facilmente comprendere che più il rendimento delle obbligazione governative è basso, maggiore è il valore intrinseco dei titoli azionari. Oggi il rendimento dei titoli di stato Usa è molto basso; pertanto il Valore Intrinseco Relativo alle Obbligazioni Governative è mediamente molto alto, addirittura più alto delle attuali quotazioni del mercato azionario. Ne deriva che i prezzi dei titoli azionari sono piuttosto sottovalutati.

Insomma, il rendimento offerto da qualsiasi strumento finanziario è sempre un qualcosa di relativo. In questo caso stiamo valutando il rendimento dei titoli azionari in relazione a quello offerto delle obbligazioni governative, in quanto quest'ultime sono da sempre la principale alternativa al mercato azionario. E con dei titoli di stato che rendono così poco, le azioni appaiono sempre come l'alternativa più redditizia; ciò sposta i capitali verso il mercato azionario, il quale di conseguenza può apparire insostenibilmente sopravvalutato.

Warren Buffett ha aggiunto che la migliore cosa da fare è acquistare azioni in modo costante sul lungo periodo, in modo da distribuire il rischio. Inoltre "Faresti un terribile errore a rimanere fuori dal gioco per molto tempo pensando di aspettare un periodo migliore per entrare".


E' importante considerare che il metodo di valutazione del valore intrinseco esposto in quest'articolo non rappresenta assolutamente l'unica variabile da prendere in considerazione nell'analisi del prezzo di un titolo.

Il Valore Intrinseco Relativo alle Obbligazioni Governative è solo una variante dell'Earnings Power Value (EPV); vedi Come calcolare il Valore Intrinseco (Earnings Power Value).



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domenica 26 febbraio 2017

Come calcolare il Valore Intrinseco (Earnings Power Value)



Il metodo più famoso ed utilizzato per calcolare il valore intrinseco è il Discounted Cash Flow (vedi Un semplice esempio per comprendere il Discounted Cash Flow per capire di cosa si tratta attraverso un semplice esempio). Tuttavia tale metodo ha un problema fondamentale: per metterlo in pratica è necessario prevedere i futuri flussi di cassa dell'azienda. Il DCF lascia evidentemente spazio a molti errori, in quanto i futuri risultati di un business sono spesso imprevedibili. Pertanto sarebbe utile accompagnare il Discounted Cash Flow ad un altro metodo basato su maggiori certezze. La soluzione è l'Earnings Power Value (EPV); questo metodo non richiede previsioni e proiezioni nel futuro per essere calcolato. L'EPV da maggiore importanza ai dati attuali; in particolare tutto ciò che ci serve per calcolarlo sono: 1) l'attuale utile netto che l'azienda è in grado di generare e 2) Un tasso di sconto. Esso si basa principalmente sull'assunto che i flussi di cassa dell'azienda (o i profitti) rimarranno costanti per un periodo di tempo indefinito. Esso è semplicemente il rapporto tra i profitti netti totali ed il tasso di sconto. Il tasso di sconto non è nient'altro che la percentuale di rendimento annuo che un investitore medio pretende di ottenere sul suo investimento. Per ottimizzare questo metodo è possibile utilizzare altre figure piuttosto che i profitti netti totali dell'azienda; l'obbiettivo è quello di utilizzare un valore che rispecchi la quantità di denaro che un ipotetico proprietario ricaverebbe dalla sua azienda una volta tolte tutte le spese. Pertanto possiamo sostituire i profitti netti totali con il Free Cash Flow, in quanto quest'ultimo rappresenta una stima ragionevolmente accurata del flusso di cassa distribuibile. Ora che abbiamo capito come si calcola, andiamo oltre.

In un articolo precedente (vedi Come calcolare il Valore Intrinseco secondo il padre del Value Investing) avevo spiegato un ulteriore metodo per calcolare il valore intrinseco: il Valore di Riproduzione (Reproduction Value). Quest'ultimo corrisponde al costo che un'ipotetica nuova azienda concorrente deve sopportare per riprodurre fedelmente le stesse attività dell'azienda che stiamo valutando. Quanto deve spendere un concorrente per acquistare (nel modo più efficiente possibile) gli stessi Asset e beni di cui dispone l'azienda che stiamo analizzando? Se quest'ipotetica nuova azienda concorrente vorrebbe riprodurre fedelmente la nostra azienda, quanto gli costerebbe? Questo è il costo di riproduzione. Questo metodo di valutazione ha però un grosso problema: non può essere assolutamente applicato ad aziende che possiedono vantaggi competitivi, in quanto quest'ultimi non sono riproducibili.
Ora, qui di seguito voglio spiegare l'Earnings Power Value con un esempio molto importante nel quale parlerò anche del costo di riproduzione.

Immaginiamo un'azienda X che ogni anno da ormai molto tempo genera un profitto netto pari a 5 milioni di dollari. Calcoliamo l'EPV: il rapporto tra i 5 milioni di utile ed il tasso di sconto del 10% da un risultato relativo di 50 milioni di dollari. Ciò significa semplicemente che i 5 milioni di utile corrispondono al 10% di 50 milioni; quest'ultimo sarà il nostro valore intrinseco. Tutto ciò che abbiamo fatto è capire che cifra devo investire (50 milioni) per ottenere il rendimento che desidero sul mio investimento (10%). Ora supponiamo che il costo di riproduzione degli Asset dell'azienda sia di 20 milioni di dollari. E' evidente la discrepanza tra l'Earnings Power Value (in base al quale il valore intrinseco corrisponde a 50 milioni) ed il Reproduction Value (in base al quale il valore intrinseco corrisponde solo a 20 milioni). Ora supponiamo che l'azienda X sia quotata in borsa ed il suo valore di mercato corrisponde a 75 milioni di dollari. Qualsiasi potenziale azienda concorrente sarà ovviamente attirata dal fatto che un'azienda con un EPV di 50 milioni possa produrre una capitalizzazione di mercato pari a 75 milioni. Qualsiasi imprenditore o uomo d'affari può comprendere che con un investimento di soli 20 milioni (costo di riproduzione) può creare un'azienda che produca ogni anno un profitto netto di 5 milioni di dollari, con un rendimento esorbitante pari al 25% annuo. Così moltissimi uomini d'affari ed imprenditori prendono l'occasione al volo e cominciano a riprodurre la nostra azienda X al costo di riproduzione, con l'obbiettivo di ottenere questo straordinario 25% (un rendimento molto in eccesso rispetto al tasso di sconto del 10%, il quale corrisponde al rendimento che un qualsiasi investitore o uomo d'affari medio pretende ragionevolmente di ottenere quando investe il proprio denaro); cosa succederà? Semplicemente aumenterà considerevolmente la concorrenza. Ora immaginiamo che nessuna di queste aziende (compresa lo nostra azienda X) possiede vantaggi competitivi che le possa differenziare dalla concorrenza. Ciò crea un ambiente altamente competitivo in cui vince chi offre il proprio prodotto al prezzo più basso. Questa guerra al ribasso dei prezzi diminuisce la redditività ed i margini di profitto di tutte le aziende coinvolte, compresa la nostra azienda X. Immaginiamo quindi che in seguito a tutto ciò il profitto netto dell'azienda X scende a 4 milioni di dollari. Ciò significa che l'Earnings Power Value sarà pari a 40 milioni, in quanto 4 milioni corrispondono al 10% di 40 milioni. Ma il costo di riproduzione è rimasto comunque a 20 milioni; ciò significa che tra l'EPV ed il costo di riproduzione c'è ancora discrepanza (20 milioni di differenza). Ne deriva che ai tanti imprenditori sembrerà ancora un ottimo affare riprodurre la nostra azienda X al solo costo di riproduzione, in quanto un investimento di 20 milioni (costo di riproduzione) produce un rendimento del 20% (ancora molto in eccesso rispetto alla media). Pertanto la concorrenza all'interno del settore continuerà ad aumentare, con conseguente diminuzione di redditività e margini di profitto. A meno che non riesca a differenziarsi dalla concorrenza, l'azienda X continuerà a perdere profitti.
Questo aumento della concorrenza continuerà fino a quando la discrepanza tra Earnings Power Value ed Reproduction Value non scomparirà, cioè quando EPV e costo di riproduzione diverranno uguali. Perché? Risposta: perché quando l'EPV sarà pari a 20 milioni (e quindi l'utile netto sarà pari a 2 milioni di dollari), ovvero lo stesso valore del costo di riproduzione, un ipotetico nuovo imprenditore potrà ottenere solo un rendimento del 10%, che qui stiamo considerando come il rendimento medio che ogni investitore o uomo d'affari si aspetta ragionevolmente di ottenere da qualsiasi altro investimento simile.
Per capire meglio, immaginiamo che l'utile netto totale scenda a 2 milioni di dollari; di conseguenza, l'Earnings Power Value (sempre utilizzando un tasso di sconto del 10%) sarà pari a 20 milioni. Quest'ultimo valore è uguale al costo di riproduzione. Ciò significa che ora un ipotetico imprenditore che voglia inserirsi nel settore (diventando così concorrente dell'azienda X), investendo 20 milioni (costo di riproduzione necessario a riprodurre le stesse attività dell'azienda X) avrà un rendimento sul suo investimento pari a solo il 10% (poiché il profitto netto è sceso a soli 4 milioni di dollari). Il 10% non è più un rendimento straordinario o superiore alla media (come il 25% o il 20%); è un rendimento semplicemente nella media, e di conseguenza non ci saranno più molti imprenditori e uomini d'affari tanto interessati a riprodurre l'azienda X, perché da tale investimento non otterrebbero un profitto particolarmente straordinario. Ne deriva che la situazione si stabilizzerà.

Tutta la situazione che vi ho descritto nell'esempio soprastante si basa sull'assunto che nessuna azienda (compresa la nostra azienda X) possiede vantaggi competitivi grazie ai quali possa differenziarsi dalla concorrenza; qualsiasi nuova azienda può inserirsi nel settore e competere alla pari con tutte le altre. Basta il solo costo di riproduzione e chiunque può entrare nel business e competere ad armi pari: tutte le aziende sono sullo stesso livello, poiché nessuna è in grado di differenziarsi. Come già specificato, in questa situazione vince chi offre il prezzo più basso; ciò causa una guerra al ribasso dei prezzi che diminuisce la redditività ed i margini di profitto di tutte le aziende coinvolte.
Ma ora stravolgiamo la situazione. Immaginiamo che l'azienda X in realtà possiede degli importanti vantaggi competitivi durevoli che le permettono di differenziarsi dalla concorrenza ed operare su un altro livello. Sappiamo che un vantaggio competitivo è davvero tale solo se non è riproducibile in alcun modo. Cosa ne deriva? Ebbene, vi ricordate gli imprenditori attirati dall'idea di poter ottenere 5 milioni di profitto annuo investendo solo 20 milioni (costo di riproduzione necessario a riprodurre fedelmente le attività dell'azienda X), con rendimento straordinario del 25% annuo? Ora non potrebbero più farlo, perché i vantaggi competitivi grazie ai quali l'azienda X ottiene dei rendimenti così alti non sono riproducibili. Non esiste un costo di riproduzione al quale un'ipotetica azienda concorrente può riprodurre i vantaggi competitivi. Gli imprenditori e gli uomini d'affari non saranno più attirati dal riprodurre l'azienda X, in quanto ciò che permette di ottenere quel rendimento così superiore alla media non è riproducibile. Nessuna nuova azienda che vuole inserirsi nel settore potrà mai competere alla pari con l'azienda X; quest'ultima sarà sempre avvantaggiata. Di conseguenza, nessun imprenditore potrà mai sperare di ottenere 5 milioni all'anno con un investimento di soli 20 milioni (costo di riproduzione). Gli imprenditori e gli uomini d'affari si terranno alla larga. Insomma, i vantaggi competitivi fungono da "barriere all'ingresso" che trattengono potenziali nuove aziende concorrenti dall'inserirsi nel settore; semplicemente, la concorrenza viene scoraggiata.
Da tutto ciò possiamo dedurre che quando l'Earnings Power Value eccede permanentemente il Reprodution Cost degli Asset, vuol dire che l'azienda in questione sta beneficiando di vantaggi competitivi.

Per capirne di più riguardo i vantaggi competitivi vedi Come identificare le azioni eccellenti - i vantaggi competitivi.

L'Earnings Power Value (EPV) è solo uno dei tanti metodi per calcolare il valore intrinseco. Qui di seguito ne propongo alcuni ugualmente eccezionali che ogni investitore dovrebbe considerare:

Discounted Cash Flow >>> Un semplice esempio per comprendere il Discounted Cash Flow

Valore degli Asset >>> Come calcolare il Valore Intrinseco secondo il padre del Value Investing



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sabato 25 febbraio 2017

Questa è la differenza fondamentale tra ricchi e poveri



Molti di voi avranno sentito parlare del libro "Padre Ricco Padre Povero: Ciò che i ricchi insegnano ai loro figli sul denaro che i poveri e la classe media non insegnano" di Robert Kiyosaki, uno dei libri più famosi ed apprezzati nel campo della crescita personale. Qui di seguito vi propongo dei miei personali commenti riguardo quelli che ritengo siano i concetti fondamentali di questo bestseller mondiale.

L'autore sostiene che i poveri e la classe media spesso non sanno gestire le proprie finanze perché non hanno ricevuto un'educazione finanziaria adeguata. Robert Kiyosaki è convinto che è possibile insegnare come fare soldi; nel tentativo di diffondere tali conoscenze sul denaro, l'autore racconta la sua personale esperienza. Robert ha avuto la fortuna di essere cresciuto sotto l'influenza di due figure paterne: uno è il suo padre biologico, l'altro è uno stretto amico di quest'ultimo. Il padre biologico rappresenta il povero (o comunque un membro della classe media) che non ha idea di come si diventi ricchi, in quanto non ha mai avuto un'educazione adeguata in campo finanziario. L'amico del padre biologico rappresenta il ricco (imprenditore di successo), da cui Kiyosaki ottiene quella cultura finanziaria di cui la maggior parte della persone è priva.

Kiyosaki scopre che la ricchezza deriva dalla capacità di crearsi una serie di rendite finanziarie. Ma cosa si intende per rendita finanziaria? Lo spiego di seguito introducendo un concetto fondamentale.
La differenza principale tra ricchi e poveri è che i ricchi conoscono la differenza tra attività e passività. Un'attività o attivo è qualsiasi cosa che generi denaro; semplice no? Qualsiasi bene che generi un continuo flusso di denaro è da considerarsi un'attivo. Il problema è che la maggior parte delle persone pensa che ogni bene di un certo valore in proprio possesso è da considerarsi un'attività. Ad esempio, la maggior parte delle persone considera la propria abitazione o la propria macchina come un'attivo; secondo Robert la casa o la macchina non sono assolutamente degli attivi. Esse non generano alcun profitto. Questi beni sono accompagnati solo da spese e tasse, pertanto sono da considerarsi come passività. Se vogliamo utilizzare una metafora aziendale, potremmo considerare questi beni (ad esempio la casa o la macchina) come spese in conto capitale o capital expenditures: esse sono solo delle spese che riducono la redditività senza tuttavia generare alcun profitto o vantaggio. Possiamo quindi dedurre che le passività sono tutte quelle cose che generano solo spese, fanno perdere soldi, e comunque non producono alcun profitto. Il problema è che la maggior parte delle persone prive di cultura finanziaria sono orientate ad acquisire solo passività (che sia una bella macchina nuova, un nuovo televisore, una borsa costosa o qualsiasi altro bene che non genera denaro, bensì te lo fa perdere attraverso spese varie, costi ricorrenti e tasse). Ciò crea una ricchezza solo apparente, in quanto tutto ciò che in realtà possiedi sono passività; tale situazione non è assolutamente sostenibile. Per creare vera ricchezza è necessario acquisire una serie di attivi che generano denaro e lavorano al posto tuo. Ricordiamoci: qualsiasi bene che genera un flusso di denaro superiore alle spese, è da considerarsi un attivo. Il problema dei poveri e della classe media è che essi sono mossi dal desiderio consumistico di acquistare unicamente passività.

Insomma, secondo Kiyosaki il denaro è ben speso solo quando genera altro denaro. Esempi di attivi che generano flussi di denaro sono: attività imprenditoriali, strumenti finanziari come azioni ed obbligazioni, beni immobiliari adeguatamente impiegati per generare profitti e qualsiasi altro tipo di investimenti. Questi attivi sono le principali fonti di denaro per i ricchi; buona parte di questo denaro andrà impiegato per acquisire nuovi attivi, generando così una sorta di circolo virtuoso potenzialmente infinito basato sul principio dell'interesse composto.
I poveri hanno generalmente una sole fonte di denaro, ovvero il proprio lavoro. Il problema è che i poveri e la classe media impiegano il denaro guadagnato solo per acquistare e mantenere passività. Inoltre, molto spesso i poveri acquistano passività credendo di stare facendo un buon investimento (ne è un'esempio l'acquisto della propria abitazione).



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mercoledì 22 febbraio 2017

7 valori fondamentali per determinare la salute finanziaria



Per comprendere e valutare un'azienda, gli investitori devono analizzarne la condizione finanziaria. Sappiamo che il Value Investing è una strategia d'investimento orientata al lungo e lunghissimo periodo; pertanto ha senso acquistare solo azioni di aziende che possiedono una condizione finanziaria abbastanza forte ed in salute da poter mantenere o accrescere il proprio valore per ancora molto tempo nel futuro. Sappiamo che l'economia attraversa ciclicamente delle fasi depressive, pertanto ci sono ottime possibilità che le aziende su cui investiamo dovranno prima o poi affrontare dei periodi davvero negativi. Le aziende riusciranno a superare abilmente queste crisi solo se possiedono una condizione finanziaria adeguatamente forte. Non c'è alcun dubbio sul fatto che se
un'azienda non è in buona salute, prima o poi ne risentirà; una condizione finanziaria negativa costituisce un forte ostacolo che appesantisce e limita le performance del business. E' necessario considerare che una debole condizione finanziaria determina un maggiore rischio dell'investimento. Le aziende in buona salute non sono solo molto meno rischiose, ma sono anche meglio posizionate per generare crescita e redditività. 
I seguaci del Value Investing dovrebbe concentrarsi solo su aziende in ottima salute che possono vantare una condizione finanziaria adeguatamente forte e sostenibile; in tale modo si riduce il rischio dell'investimento ed aumenta la redditività del business. Una forte posizione finanziaria rende più sostenibili le prospettive di crescita.
Ma come facciamo a valutare la salute di un'azienda? Di seguito propongo alcuni valori fondamentali ricavabili dai rendiconti economici che aiutano ad analizzare la condizione finanziaria dell'azienda. 

1) Current Ratio; esso è il rapporto tra le attività correnti e le passività correnti del bilancio aziendale. E' un valore molto famoso ed utilizzato che permette di determinare la capacità di un'azienda nel far fronte ad impegni a breve termine. Un valore inferiore ad 1 indica che le passività dell'azienda sono maggiori delle positività; ciò potrebbe significare che l'azienda non possiede abbastanza asset (positività) per coprire i suoi impegni a breve termine. Un valore superiore ad 1 indica che l'azienda possiede abbastanza asset da far fronte alle passività. Benjamin Graham suggeriva di concentrarsi solo sulle aziende che possiedono un Current Ratio superiore a 2.

2) Quick Ratio; questo è molto simile al Current Ratio, ma si differenzia da quest'ultimo per il fatto che nel calcolo del Quick Ratio vengono presi in considerazione solo gli asset liquidi (denaro cash ed equivalenti), mentre nell'altro vengono considerati tutti gli asset correnti. Quindi, il Quick Ratio è il rapporto tra asset liquidi (che si ottengono sottraendo il valore dell'inventario dagli asset correnti totali) e passività correnti. Questo valore serve a misurare la capacità dell'azienda di far fronte ad impegni e passività a breve termine utilizzando solo gli asset liquidi. Più è alto, meglio è.

3) Debt/Equity Ratio; è il rapporto tra debito totale e patrimonio netto. Serve a misurare la quantità di debito che l'azienda usa per finanziarsi. Ovviamente, noi dobbiamo preferire le aziende che sono in grado di finanziare le proprie attività (e la crescita) autonomamente e senza fare ricorso al debito. Più di ogni altra cosa, è il debito che determina quali aziende sopravvivono e quali vanno in bancarotta durante una crisi. Generalmente un valore superiore ad 1 indica che l'azienda dipende eccessivamente da fonti finanziarie esterne, il che limita l'autonomia dell'impresa e ne deteriora la struttura finanziaria. Un valore inferiore ad 1 è maggiormente sostenibile. L'ideale è ovviamente un valore pari a zero.

4) Long Term Debt/Equity Ratio; è il rapporto tra debito a lungo termine e patrimonio netto. E' molto simile al Debt/Equity, ma in particolare serve a misurare l'entità del debito a lungo termine di cui l'azienda fa uso per finanziare le proprie operazioni. E' necessario assolutamente evitare le aziende che hanno bisogno di assumersi debito per generare profitti. Inoltre, le aziende che possiedono un basso debito a lungo termine unito ad una grande quantità di liquidità sono meglio posizionate per superare abilmente i cicli negativi dell'economia.

5) Liquidità; valutare il livello di liquidità di cui l'azienda dispone ci può dare ottime informazioni riguardo la salute del business. Una grande quantità di denaro liquido ed equivalenti può indicare e determinare un'ottima condizione finanziaria. Un buon metodo di valutazione consiste nel relazionare la liquidità totale con il debito totale; ciò che dobbiamo cercare è una liquidità totale che eccede abbondantemente il debito totale. Un altro segno molto positivo è un livello di liquidità che tende a crescere anno dopo anno; ciò indicherebbe che l'azienda sta attraversando un periodo di prosperità.
Tuttavia per poter fare una buona valutazione prima è necessario sapere da cosa deriva la liquidità. Ci sono principalmente tre modi per ottenere denaro liquido (cash): 1) L'azienda può rilasciare nuove obbligazioni o immettere sul mercato nuove azioni; 2) L'azienda vende asset o pezzi dell'azienda; 3) L'azienda genera più denaro di quanto ne utilizzi.
Rilasciare nuove obbligazioni è ovviamente negativo, in quanto significa assumere debito. Immettere sul mercato nuove azioni è molto negativo, in quanto ciò diluisce il valore dell'azienda e riduce la ricchezza degli azionisti attuali. Vendere beni o pezzi dell'azienda è logicamente un modo insostenibile per generare cassa. In ultima analisi possiamo constatare come le aziende migliori sono quelle tanto redditizie e profittevoli da generare un'enorme quantità di cassa e denaro liquido; queste aziende generano molto più denaro di quanto ne consumino.

6) CFO/Current Liabilities Ratio; è il rapporto tra CFO (ovvero il totale dei flussi monetari derivanti dall'attività operativa) e Passività Correnti. Serve a valutare la capacità dell'azienda di far fronte ai suoi impegni (passività) a breve termine utilizzando il denaro derivante dal flusso di cassa. Per esempio, un valore di 4 indica che il totale dei flussi monetari derivanti dall'attività operativa è pari a 4 volte le passività correnti. E' il miglior modo per valutare l'abilità dell'azienda di ripagare le passività correnti e determinare la stabilità a breve termine dell'azienda (il Current Ratio ed il Quick Ratio sono molto simili, ma meno precisi).

7) CFO/ Debito a lungo termine; è il rapporto tra il totale dei flussi monetari derivanti dall'attività operativa ed il debito a lungo termine. Serve a valutare la capacità dell'azienda di ripagare i suoi debiti a lungo termine utilizzando il denaro derivante dal flusso di cassa. Insieme al Debt/Equity Ratio, questo valore è estremamente utile per valutare l'entità del debito aziendale. Infatti, uno dei modi migliori per effettuare una buona analisi consiste nel considerare il debito a lungo termine in relazione ai flussi di cassa. Per esempio, un valore di 3 significa che il debito a lungo termine è pari a 3 volte il totale dei flussi monetari derivanti dall'attività operativa; ciò significa che utilizzando tutto il flusso di cassa (il che in realtà è un po un'utopia), l'azienda sarebbe in grado di ripagare tutto il suo debito a lungo termine nel giro di 3 anni (a patto che il flusso di cassa rimanga invariato). Se l'azienda è in grado di ripagare tutto il suo debito a lungo termine in circa 3-4 anni, è un ottimo segno di invidiabile salute finanziaria. Possiamo calcolare anche delle varianti; al posto del CFO (totale dei flussi monetari derivanti dall'attività operativa) è possibile utilizzare l'utile netto totale oppure il Free Cash Flow.

Ci sono molti altri valori per determinare la condizione finanziaria di un'azienda, ma in questo articolo ho deciso di riportare solo quelli che a mio parere sono i più validi.
Inoltre, quando faccio ricerche sulla forza finanziaria di un'azienda mi piace guardare il giudizio che da a tal proposito il sito internet Gurufocus.com, che fornisce un giudizio da 1 a 10 sulla forza finanziaria di ogni azienda quotata sul mercato americano.



domenica 19 febbraio 2017

I 6 ordinari segreti dietro le straordinarie performance di Philip Fisher



Warren Buffet una volta disse che la sua strategia d'investimento è "85% Benjamin Graham, 15% Philip Fisher". Tuttavia, oggi sembra che l'oracolo di Omaha sia maggiormente influenzato da Fisher piuttosto che da Graham. Già in un altro articolo (vedi 15 suggerimenti dal padre del Growth Investing) avevo parlato della strategia d'investimento adottata da Philip Fisher, ma l'avevo descritta da un punto di vista vagamente qualitativo. Ora voglio riproporre le idee di Philip Fisher in modo maggiormente quantitativo e preciso.
Se conosci la strategia di Warren Buffett, noterai una forte somiglianza tra i principi di Philip Fisher esposti in questo articolo ed il metodo adottato dall'oracolo di Omaha. Infatti, Warren Buffett è stato estremamente influenzato dal lavoro di Philip Fisher.

Durante il crollo del 1929, Philip Fisher perse gran parte del suo denaro dopo aver investito sui pochi titoli che, a causa di un basso rapporto Prezzo/Utili, sembravano ancora a buon mercato. Dopo questa brutta avventura, Fisher smise di utilizzare il rapporto Prezzo/Utili come principale mezzo di valutazione e cominciò a dare maggiore importanza alla qualità dell'azienda ed ai fattori che determinano la crescita. Cominciò ad investire solo nei business che comprendeva e conosceva molto bene, evitando un'eccessiva diversificazione: nel suo portafoglio non c'erano mai più di venti titoli azionari.
Philip Fisher si concentrava principalmente sull'acquistare aziende di alta qualità che dimostravano una forte crescita nel fatturato e nei profitti; cercava business che possedevano un alto potenziale di crescita sul lungo periodo e delle ottime prospettive future. Alcune delle caratteristiche fondamentali che un'azienda doveva possedere per entrare nel portafoglio di Fisher erano: forte orientamento alla crescita, alto margine di profitto, alto Return On Invested Capital (ROIC; sarebbe il Ritorno sul Capitale Investito), organizzazione di vendita superiore, una forte e durevole posizione come leader del settore, importanti vantaggi competitivi (vedi e un management di alta qualità. 
Ma ora vediamo punto per punto quali sono le caratteristiche vincenti di un'azienda di successo secondo Philip Fisher:

1) Crescita del fatturato; Philip Fisher è interessato alle aziende che mostrano un fatturato in crescita costante sul lungo periodo. In particolare, il fatturato deve essere cresciuto ogni anno negli ultimi 5/10 anni in modo consistente, costante e stabile. Un forte trend di crescita del fatturato è di estrema importanza. Dopodiché dovremmo chiederci: l'azienda produce beni e servizi con un alto potenziale di crescita per il fatturato sul lungo periodo? 
Inoltre, un'azienda che si impegna efficacemente in Ricerca e Sviluppo dimostra sicuramente un forte orientamento alla crescita. Consideriamo McDonald; per quanto sia affermata, ogni tanto ha bisogno di sviluppare nuovi prodotti per accrescere il potenziale di vendita totale. E' importante concentrarsi sulle aziende che si impegnano nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi o nell'espansione geografica e di settore.

2) Tasso di crescita del fatturato; il tasso di crescita del fatturato deve essere uguale o meglio superiore alla media del settore e più alto rispetto a quello ottenuto dalla concorrenza.

3) Margine di profitto; si tratta essenzialmente della capacità di convertire le vendite in profitti. Esso non dipende solo dalla profittabilità del business ma anche dalle capacità del management. In ogni caso, un margine di profitto netto (e anche lordo) storicamente e costantemente alto è segno della presenza di vantaggi competitivi. In particolare cerchiamo un margine di profitto netto (e lordo) sempre alto e superiore alla media del settore, ogni anno negli ultimi 5/10 anni; esso deve inoltre essere costante e stabile, senza eccessive variazioni di anno in anno.

4) Dividendi bassi o nulli; Philip Fisher preferisce le aziende che reinvestono i profitti per finanziare la crescita e l'espansione. Per saperne di più vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato.

5) Management di alta qualità; come ho già scritto in un altro articolo (vedi La caratteristica vincente dei titoli azionari più ricchi - il riacquisto di azioni proprie), in particolare è necessario valutare: 1) la sua abilità nel realizzare il pieno potenziale del business; 2) la sua capacità di impiegare saggiamente il flusso di cassa dell'azienda (vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato); 3) la certezza con cui si può fare affidamento sul fatto che il management incanali i guadagni del business verso gli azionisti piuttosto che verso se stessi (il management deve dimostrare di essere orientato agli interessi degli azionisti); 4) la competenza e l'onesta.

6) Basso PEG; la strategia di Philip Fisher si concentra principalmente sugli aspetti qualitativi delle aziende di alta qualità, ma non elimina la valutazione del prezzo d'acquisto. Spesso le azioni delle aziende di alta qualità sono scambiate a prezzi molto sopravvalutati; ciò accade a causa delle grandi aspettative che ci sono nei confronti di questi business. Per quanto tali aspettative possano essere fondate o no, acquistare a prezzi sopravvalutati aggiunge un'importante fattore di rischio al nostro investimento. Inoltre un prezzo troppo alto eroderebbe i nostri guadagni. Ciò che bisogna fare è riuscire ad acquistare le azioni di tali aziende eccezionali ad un prezzo equo e ragionevole (o ancora meglio sottovalutato). Per valutare il prezzo, Fisher utilizza il PEG; questo valore permette di considerare il rapporto Prezzo/Utili in relazione al tasso di crescita dell'utile per azione. Se il rapporto Prezzo/Utili è uguale al tasso di crescita dell'utile per azione, il PEG sarà pari ad 1. Se il rapporto Prezzo/Utili è inferiore al tasso di crescita dell'utile per azione, il PEG sarà inferiore ad 1 e la quotazione sarà considerata sottovalutata. Se il rapporto Prezzo/Utili è superiore al tasso di crescita dell'utile per azione, il PEG sarà superiore ad 1 e la quotazione sarà considerata sopravvalutata. Fisher adorava le aziende con un PEG pari a 0,5 o inferiore.
Philip Fisher sosteneva che il miglior momento per acquistare è quando un ribasso generalizzato del mercato rende i titoli azionari sottovalutati senza un reale motivo. Inoltre, spesso la quotazione reagisce in modo eccessivo a delle notizie che in realtà non causano grossi problemi all'azienda; ciò ci permette di acquistare aziende eccellenti a prezzi immotivatamente (e temporaneamente) bassi.


Come abbiamo già detto prima, Fisher privilegia le aziende che possono vantare una forte e durevole posizione come leader del settore ed importanti vantaggi competitivi. Per saperne di più vedi Come identificare le azioni eccellenti - i vantaggi competitivi.



sabato 18 febbraio 2017

Le sole 2 cose che devi conoscere per guadagnare in borsa secondo Warren Buffett




"Uno studente di investimenti finanziari ha bisogno solo di due corsi ben fatti: Come valutare un'azienda e Come pensarla riguardo i prezzi di mercato."

Questa citazione di Warren Buffett descrive perfettamente la strategia che ogni serio investitore dovrebbe adottare nell'acquisto di titoli azionari.
Se ti propongono di investire in un piccolo negozio, in una pompa di benzina o in una qualsiasi altra attività imprenditoriale privata o Srl, in che modo valuteresti l'investimento che ti hanno offerto? Ovviamente per prima cosa analizzerai l'attività dal punto di vista qualitativo, valutando il fatturato, i profitti, le spese ricorrenti, la condizione finanziaria, la posizione competitiva e le prospettive future; analizzerai i bilanci, i conti economici e i flussi di cassa. Se dopo aver effettuato tale analisi approfondita ritieni che l'attività sia davvero eccellente, di alta qualità e con ottime prospettive, potrai finalmente occuparti del prezzo. Ovviamente tenterai di acquistare al prezzo più basso possibile, in quanto pagare un prezzo più basso accrescerebbe i tuoi guadagni.
Investire in titoli azionari di aziende quotate in borsa è la stessa cosa di investire in attività private. Dobbiamo sempre tenere a mente che le azioni rappresentano una partecipazione alla proprietà di un'azienda; l'azionista è a tutti gli effetti il proprietario dell'azienda. Come dice Peter Lynch: "Un'azione non è un biglietto della lotteria; essa rappresenta parte della proprietà di un'azienda."
Benjamin Graham una volta disse che l'investimento in borsa è tanto più intelligente quanto più è fatto da una prospettiva di business; ciò significa che quando compri le azioni di un'azienda quotata è necessario valutare l'azienda in cui stai per investire esattamente come valuteresti un qualsiasi altro investimento in una qualsiasi altra attività imprenditoriale privata (come un negozio, un ristorante o una pompa di benzina, come ho spiegato sopra).
Sintetizzando, per effettuare un buon investimento in borsa dobbiamo farci solo due importanti domande: 1) Che azienda acquistare? e 2) A che prezzo è disponibile?
Il nostro obbiettivo (valido per qualsiasi attività imprenditoriale, che sia quotata in borsa oppure no) è acquistare business eccellenti e di alta qualità ad un prezzo economicamente vantaggioso. Qual'è un prezzo vantaggioso? Ovviamente quello che ti offre il più alto tasso di rendimento annuo composto possibile accompagnato da un rischio che sia il più basso possibile.

Nell'approccio classico al Value Investing le due domande Cosa acquistare? e A quale prezzo? sono estremamente dipendenti. In base a tale approccio, è il prezzo che condiziona e determina la decisione del Cosa acquistare. Nel Value Investing classico non ha molta importanza il tipo di azienda; ciò che assume più importanza è il prezzo d'acquisto. Un prezzo sufficientemente basso compensa anche delle caratteristiche economiche scadenti. Insomma, non si lascia abbastanza spazio alla valutazione qualitativa del business, la quale viene messa in secondo piano rispetto alla valutazione del prezzo d'acquisto; è quest'ultimo che assume la massima importanza e determina quale azienda acquistare.
Il merito di Warren Buffett sta nell'aver modificato questo approccio; il suo obbiettivo è trovare le aziende più eccellenti in assoluto, senza badare (inizialmente) al prezzo. Basarsi sin dall'inizio sul prezzo basso non ci da la sicurezza di trovare le aziende più eccellenti in assoluto; semplicemente troveremo aziende vendute a prezzi bassi, senza garanzia che esse siano effettivamente i migliori business. Per tale motivo Buffett ha separato le due domande fondamentali (Cosa acquistare? e A quale prezzo?): per prima cosa si impegna a cercare le aziende più eccellenti e di qualità in assoluto, senza badare al prezzo al quale sono disponibili. E solo in un secondo momento (dopo aver determinato quali sono le aziende migliori a cui è interessato) decide se il prezzo è vantaggioso.
Per dirla in altre parole: Warren Buffett per prima cosa (dopo un'approfondita analisi) fa una lista delle aziende che vorrebbe possedere (ovvero le aziende più eccellenti, di alta qualità e con ottime prospettive future) indipendentemente dal prezzo al quale sono in vendita in quel periodo. Dopodiché determina a quale prezzo l'acquisto sarebbe vantaggioso, acquistando solo ed esclusivamente quando la quotazione raggiunge tale prezzo vantaggioso. Lui conosce sempre quali sono le aziende che vorrebbe possedere; deve solo aspettare (con pazienza) che prima o poi il mercato gli offra la possibilità di acquistare al prezzo vantaggioso stabilito.
Per riassumere, la domanda Cosa acquistare? è separata della domanda A che prezzo?; Buffett per prima cosa risponde a Cosa acquistare?, e solo dopo determina se il prezzo è giusto oppure no. Nella scelta delle aziende su cui vuole investire non si lascia assolutamente influenzare dal prezzo; in tale maniera è sicuro di scegliere solo le aziende davvero migliori. Warren è consapevole che prima o poi il mercato e le sue immotivate fluttuazioni gli daranno la possibilità di acquistare ad un prezzo vantaggioso.

Tornando alla citazione che ho proposto all'inizio dell'articolo, come si valuta un'azienda? e come bisogna pensarla riguardo i prezzi di mercato? Insomma, cosa rende un'azienda eccellente e come determino quale prezzo è vantaggioso?
La risposta a queste domande è alquanto complessa. Per farti un'idea ti propongo alcuni articoli interessanti divisi per argomenti.

Come valutare un'azienda:

Le nove regole d'oro di Warren Buffett.

Cos'è il Growth Investing.

Le 5 caratteristiche di un'azienda di successo.


Come pensarla riguardo i prezzi di mercato:

The intelligent Investor tradotto in italiano.

Guida completa al Value Investing

Tutto ciò che è necessario sapere sull'investimento: il capitolo 8 di The Intelligent Investor

Considera che negli articoli che ho allegato non troverai tutte le informazioni di cui hai bisogno; ti consiglio di leggere anche gli altri miei articoli che non riportato qui sopra.



Come calcolare il Valore Intrinseco secondo il padre del Value Investing



Per un investitore che segue la strategia del Value Investing (vedi Guida completa al Value Investing) è di fondamentale importanza riuscire a calcolare il valore intrinseco, ovvero un valore che rifletta le reali condizioni e caratteristiche economiche dell'azienda oggetto di analisi. Calcoliamo tale valore supponendo che i prezzi di mercato spesso non riflettono il reale valore dell'azienda.
Uno dei metodi più utilizzati per calcolare il valore intrinseco è il Discounted Cash Flow (Flusso monetario scontato), di cui propongo un esempio molto semplificato nel seguente articolo: Un semplice esempio per comprendere il Discounted Cash Flow .
Tuttavia il Discounted Cash Flow non è l'unico metodo utilizzabile; nel presente articolo voglio proporre un altro metodo per calcolare il valore intrinseco, ideato da Benjamin Graham (il padre del Value Investing). Voglio parlare del valore degli Asset.

Tutti sappiamo che il bilancio d'esercizio di un'azienda è suddiviso tra Asset (positività, attività; si tratta di tutti i beni, proprietà e ricchezze che l'azienda possiede) e Liabilities (passività). Dobbiamo sottrarre le Passività Totali (liabilities; ne sono un esempio i debiti) dalle Attività Correnti (current asset) per ottenere il valore degli asset netti correnti (current net asset value; l'obbiettivo di questo calcolo è ottenere il valore degli asset aziendali al netto di debiti e altre passività). Da questa figura (attraverso alcuni aggiustamenti) possiamo ottenere il valore intrinseco.
Il vantaggio di questo metodo sta nel fatto che (a differenza del Discounted Cash Flow) per metterlo in pratica non dobbiamo effettuare alcuna previsione riguardo il futuro andamento dell'azienda. Bensì ci basiamo su valori (attività e passività del bilancio) che esistono oggi e che quindi possono essere valutati direttamente e con grande precisione. Tuttavia è necessario fare alcune distinzioni in base alla condizione economica dell'azienda.

Se il settore in cui opera l'azienda che stiamo analizzando si trova in condizioni economiche molto deteriorate e presenta delle cattive prospettive future, gli Asset andranno valutati in base a quanto denaro possono rendere in caso di liquidazione dell'azienda. Il denaro liquido ed equivalenti possono essere valutati con il loro pieno valore. Ma altri Asset (come macchinari, impianti, inventario) varranno meno di ciò che dice il bilancio; il loro valore corrisponderà al prezzo al quale possono essere venduti in caso di liquidazione, cioè a quanto denaro possono rendere se venissero messi in vendita. Qualsiasi immobilizzazione immateriale o asset intangibile avrà un valore pari a zero (in quanto evidentemente non possono essere venduti).

Se il settore in cui opera l'azienda non si trova in condizioni economiche negative, gli Asset andranno valutati al loro costo di riproduzione, ovvero il costo che un'ipotetica azienda concorrente deve sopportare per riprodurre le attività della nostra azienda. Quanto deve spendere un concorrente per acquistare (nel modo più efficiente possibile) gli stessi Asset e beni di cui dispone l'azienda che stiamo analizzando? Se quest'ipotetica nuova azienda concorrente vorrebbe riprodurre fedelmente la nostra azienda, quanto gli costerebbe? Questo è il costo di riproduzione. Esso può essere diverso dal valore che vedi sul bilancio. Ad esempio, sul bilancio può esserci scritto che, dopo anni di svalutazione causata dall'usura, un macchinario (inizialmente pagato circa 2 milioni) vale attualmente 1 milione di dollari; ma un'ipotetica azienda concorrente deve forzatamente pagare circa 2 milioni di dollari per ottenere lo stesso macchinario, in quanto sarà necessario acquistarne uno nuovo (anche nel modo più economico possibile). Ovviamente il denaro liquido ed equivalenti saranno valutati al loro pieno valore contabile; sarà più difficile valutare altri beni come impianti, macchinari ed altri Asset tangibili.

E' importante considerare che possiamo valutare un'azienda con il costo di riproduzione solo se essa non possiede alcun vantaggio competitivo. Un'azienda che possiede dei vantaggi competitivi non può assolutamente essere valutata attraverso il semplice costo di riproduzione. I vantaggi competitivi fungono da barriere che proteggono le aziende dalla concorrenza. Se non ci sono vantaggi competitivi, tutte le aziende sono allo stesso livello: hanno tutte lo stesso accesso alle medesime tecnologie, risorse e clienti. Ciò rende il settore estremamente competitivo, in quanto chiunque può riprodurre lo stesso identico business al semplice costo di riproduzione. Ne deriva che tutte le aziende del settore divengono poco redditizie.
Quindi perché possiamo utilizzare il metodo del costo di riproduzione solo per le aziende che assolutamente non possiedono alcun vantaggio competitivo? Risposta: perché i vantaggi competitivi (soprattutto quelli derivanti da Asset intangibili come il marchio, la reputazione o altri attributi particolari) non sono riproducibili. Non esiste un costo di riproduzione al quale un'ipotetica azienda concorrente può riprodurre i vantaggi competitivi. Ne deriva che un'ipotetica azienda concorrente che voglia inserirsi nel settore non può contare sul fatto che al solo costo di riproduzione sarà in grado di competere alla pari con l'azienda che sta cercando di riprodurre, in quanto non può comprare gli stessi vantaggi competitivi nello stesso modo in cui comprerebbe un qualsiasi macchinario.
Per capirne di più riguardo quest'ultima paragrafo sui vantaggi competitivi vedi Come identificare le azioni eccellenti - i vantaggi competitivi.

Ma quindi come facciamo a calcolare il valore intrinseco di aziende che possiedono vantaggi competitivi? Uno dei metodi più interessanti ed eccezionali è l'Earnings Power Value (EPV). Assieme al Discounted Cash Flow (vedi Un semplice esempio per comprendere il Discounted Cash Flow), l'EPV è uno dei metodi di valutazione preferiti da Warren Buffett. Per capire di cosa si tratta vedi Come calcolare il Valore Intrinseco (Earnings Power Value).



ARTICOLI CORRELATI:

Guida completa al Value Investing


venerdì 17 febbraio 2017

Guida completa al Value Investing



Già in molti altri articoli ho parlato del Value Investing; ora voglio spiegare in modo esaustivo di cosa esattamente si tratta e come può farti guadagnare.
Non troverai molte informazioni in italiano riguardo questo eccezionale metodo d'investimento, in quanto nel nostro paese (molto arretrato in campo finanziario) non è molto famoso. Tuttavia essa è applicata con successo in tutto il mondo da alcuni dei più grandi personaggi delle finanza globale; uno dei più famosi seguaci di questa strategia d'investimento è Warren Buffett, attualmente il terzo uomo più ricco del mondo con oltre 60 miliardi di patrimonio personale.
Il Value Investing è una strategia per investire in titoli azionari ideata da Benjamin Graham, maestro e modello di Warren Buffett. Quest'ultimo ha più volte affermato di aver fondato la sua ricchezza sugli straordinari insegnamenti ricevuti da Graham.
Il Value Investing ha dimostrato di essere una strategia di grande successo: numerosi studi accademici dimostrano che applicare tale metodo permette di ottenere rendimenti molto superiori alla media, overperformando ampiamente il mercato. Ma in cosa consiste esattamente? Lo spiego qui di seguito;


Il Value Investing consiste fondamentalmente nell'acquistare titoli azionari ad un prezzo molto scontato e sottovalutato rispetto al valore intrinseco; lo sconto rispetto al valore intrinseco costituisce il margine di sicurezza. Definiamo valore intrinseco un valore che rifletta le reali condizioni e caratteristiche economiche dell'azienda in questione. Ci si aspetta che sul lungo periodo il mercato riconoscerà il reale valore delle azioni, determinando una crescita della quotazione.
E' risaputo che i mercati finanziari sono soggetti ad ampie e ricorrenti fluttuazioni che rendono le quotazioni estremamente volatili ed instabili. Nonostante tale estrema volatilità dei prezzi, chiunque può constatare che le reali caratteristiche economiche delle aziende quotate sono in contrasto molto più stabili e costanti; ne deriva che molto spesso (soprattutto nel breve periodo) la quotazione di borsa non riflette il reale valore dell'azienda. Ciò accade perché nel breve periodo l'andamento dei mercati finanziari è dettato principalmente del sentimento che prevale tra gli investitori; una diffusa euforia può determinare un rialzo delle quotazioni, rendendo i prezzi molto sopravvalutati. Allo stesso modo una diffusa paura può causare una discesa delle quotazioni, rendendo i prezzi di mercato molto sottovalutati. Sul lungo periodo invece, la quotazione tenderà sempre a riflettere le reali condizioni economiche del business in questione. Tutto ciò implica che spesso dei prezzi irrazionalmente bassi e sottovalutati possono essere allegati a solide aziende, dandoci l'opportunità di fare un ottimo affare sul lungo periodo.
La strategia di acquistare le azioni solo quando la loro quotazione è molto sottovalutata rispetto al valore intrinseco ha dimostrato di generare rendimenti superiori sul lungo periodo. Come già detto, la differenza tra prezzo d'acquisto e valore intrinseco costituisce il margine di sicurezza; l'ideale sarebbe acquistare ad un prezzo corrispondente alla metà del valore intrinseco. In ogni caso non bisognerebbe mai pagare più dei due terzi del valore intrinseco. Ciò che Graham cerca di fare è comprare 1 dollaro per 50 centesimi.
La difficoltà per l'investitore sta nel riuscire a calcolare il valore intrinseco, il quale deve riflettere le reali caratteristiche e condizioni economiche dell'azienda in questione. Dopodiché è necessario acquistare solo quando la quotazione è molto sottovalutata.

Esistono dei principi basilari al quale possiamo attenerci quando cerchiamo di trovare dei titoli azionari scambiati a prezzi bassi e sottovalutati:

1) Il prezzo d'acquisto non deve essere superiore ai due terzi del valore intrinseco.

2) Basso rapporto Prezzo/Utili; quest'ultimo è il rapporto tra il prezzo di un titolo e l'utile per azione (l'utile per azione si calcola dividendo l'utile netto totale per il numero totale di azioni in circolazione; non va confuso con i dividendi). Ad esempio, un rapporto Prezzo/Utili pari a 15 indica che il prezzo di un'azione corrisponde a 15 volte l'utile per azione.
Il rapporto Prezzo/Utili al quale acquistiamo deve essere inferiore al 40% del più alto rapporto Prezzo/Utili che il titolo azionario ha raggiunto negli ultimi cinque anni. Esempio: immaginiamo che negli ultimi 5 anni la quotazione ha raggiunto un rapporto Prezzo/Utili massimo di 30. Il 40% di 30 è 12. Di conseguenza è necessario acquistare solo quando il titolo azionario mostra un rapporto Prezzo/Utili pari a 12 o più basso.
E' vantaggioso acquistare solo quando il rapporto Prezzo/Utili è molto inferiore alla media storica ed il più vicino possibile ai minimi storici.
Inoltre tale rapporto deve essere molto più basso rispetto alla media del mercato; generalmente un valore inferiore a 15 è considerato sottovalutato.

3) Basso rapporto Prezzo/Patrimonio Netto; il prezzo d'acquisto non deve essere superiore ad una volta e mezzo il patrimonio netto per azione (book value per share).

4) Il Dividend Yield (rendimento dei dividendi espresso in percentuale) deve corrispondere ad almeno i due terzi del rendimento offerto dalle obbligazioni AAA.

5) Il debito deve essere inferiore al patrimonio netto (rapporto Debt/Equity inferiore ad 1).

6) Current Ratio superiore a 2.

7) Crescita dell'utile per azione (da non confondere con i dividendi; l'utile per azione si ottiene dividendo l'utile netto totale per il numero totale delle azioni in circolazione) pari ad almeno il 7% medio annuo composto negli ultimi dieci anni.

8) Stabilità della crescita degli utili; l'azienda non deve aver sofferto più di due declini del 5% o più dell'utile per azione rispetto all'anno appena precedente.

9) Earnings Yield (stessa cosa del Dividend Yield ma calcolato usando l'intero utile netto per azione) pari ad almeno il doppio del rendimento delle obbligazioni AAA.

10) PEG inferiore ad 1. Il PEG esprime la relazione tra rapporto Prezzo/Utili e tasso di crescita dell'utile per azione; ad esempio, se il tasso di crescita dell'utile per azione è del 15% annuo ed il rapporto Prezzo/Utili è anch'esso di 15, il PEG sarà pari ad 1. Un valore inferiore ad 1 (rapporto Prezzo/Utili inferiore al tasso di crescita dell'utile per azione) è segno di sottovalutazione. Un valore superiore ad 1 (rapporto Prezzo/Utili superiore al tasso di crescita dell'utile per azione) è segno di sopravvalutazione. Da ciò ne deriva che possiamo essere disposti a pagare un prezzo più alto se il tasso di crescita dell'utile per azione è molto attraente.

Questi criteri sopra elencati non sono delle regole fisse ed assolute, ma dei semplici punti di riferimento.


Value, non spazzatura
Per un adepto del Value Investing è importantissimo saper distinguere tra aziende di valore e semplici aziende "spazzatura". I prezzi di queste ultime appaiono sempre molto bassi e sottovalutati a causa della loro pessima condizione economica e finanziaria e delle loro cattive prospettive future. Il nostro obbiettivo invece è investire su aziende di grande valore e alta qualità, acquistabili a prezzi momentaneamente bassi e sottovalutati. Non cerchiamo per forza le eccellenze assolute (soprattutto in quanto quest'ultime - a causa delle grandi aspettative che ci sono nei loro confronti - sono generalmente molto sopravvalutate e quindi rischiose), ma in ogni caso è necessario concentrarsi solo su aziende di alta qualità con almeno discrete condizioni economiche.


Ma quindi come si calcola il Valore Intrinseco? Ci sono diversi metodi per fare questo tipo di valutazione; qui di seguito propongo quelli che sono considerati i migliori in assoluto:





Qui di seguito propongo alcuni dei miei articoli riguardanti il Value Investing. Per saperne di più riguardo questa straordinaria strategia d'investimento, dai un'occhiata qui di seguito:





E per un ulteriore approfondimento vedi Il nuovo Value Investing - l'espansione del valore intrinseco

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lunedì 13 febbraio 2017

Il nuovo Value Investing - l'espansione del Valore Intrinseco



La strategia del Value Investing consiste principalmente nell'acquistare titoli azionari ad un prezzo molto scontato e sottovalutato rispetto al valore intrinseco dell'azienda. Lo sconto rispetto al valore intrinseco costituisce il margine di sicurezza. Nella "dottrina" classica, le azioni vanno vendute non appena la quotazione raggiunge il valore intrinseco.
Il problema di questo approccio è che non sempre la quotazione raggiunge il valore intrinseco; spesso il mercato non riconosce mai il vero valore delle azioni, le quali rimangono costantemente sottovalutate. Pertanto molti guru della finanza hanno trovato un nuovo modo di approcciare il Value Investing, inserendo nella loro strategia degli elementi tipici del Growth Investing (vedi Cos'è il Growth Investing).
Secondo i principi dell'analisi fondamentale (di cui fa parte anche il Value Investing), sul lungo periodo la quotazione di borsa tenderà sempre a riflettere il valore intrinseco, o comunque tenderà a muoversi di pari passo con esso. Ne deriva che se il valore intrinseco continua a crescere, la quotazione tenderà anch'essa a salire. Per tale ragione molti guru della finanza, piuttosto di vendere i titoli azionari non appena la quotazione raggiunge il valore intrinseco, preferiscono mantenere le azioni in portafoglio per un periodo di tempo indefinito finché il valore intrinseco può continuare a crescere.
Persone come Philip Fisher, Charlie Munger e Warren Buffett hanno scoperto che alcune aziende eccezionali hanno un valore intrinseco che tende costantemente a crescere. Pertanto non ha senso vendere non appena la quotazione raggiunge tale valore; ha senso mantenerle in portafoglio finché il valore intrinseco continua a crescere. Se ci si riesce a posizionare ad un prezzo abbastanza scontato e vantaggioso, potremo guadagnare sia dalla risalita verso il valore intrinseco sia dalla crescita di quest'ultimo. Ed anche se il valore di borsa non raggiungerà mai pienamente il valore intrinseco, la quotazione tenderà comunque a salire (mantenendo una sottovalutazione costante). Se anche non riuscissimo ad acquistare quando il prezzo è molto sottovalutato, possiamo comunque guadagnare grazie alla crescita del valore intrinseco (a patto che il prezzo d'acquisto non sia comunque troppo sopravvalutato). In ogni caso la quotazione tenderà a salire insieme alla crescita del valore intrinseco e dell'azienda in generale.
Sappiamo che è assolutamente necessario evitare di acquistare quando la quotazione è sopravvalutata rispetto al valore intrinseco. Immaginiamo di avere acquistato le azioni X ad un prezzo abbastanza equo e ragionevole; il valore intrinseco è in continua espansione e ci si aspetta continui a crescere per ancora molti anni in futuro. Se la quotazione dovesse in seguito divenire molto sopravvalutata, non è necessario vendere le azioni - a patto che l'azienda sia davvero eccezionale ed il valore intrinseco continui a crescere; anche se la quotazione di borsa dovesse sperimentare un periodo negativo, a lungo andare continuerà sempre a riflettere un valore intrinseco in continua e costante crescita. Piuttosto tale periodo negativo potrebbe essere considerato come un'opportunità per acquistare ulteriori azioni ad un prezzo molto vantaggioso e sottovalutato.

Berkshire Hataway Inc (l'azienda di Warren Buffett) presenta un valore intrinseco in costante espansione. In particolare se tu avessi acquistato le azioni di quest'azienda nel 2009, avresti sperimentato una crescita continua dell'utile per azione (utile netto totale diviso il numero totale delle azioni in circolazione, per comprendere quanto utile netto corrisponde ad ogni azione; questo valore non va confuso con i dividendi). Come cresce l'utile per azione, il valore intrinseco cresce allo stesso modo. E di conseguenza aumenta pure la quotazione di borsa.

 Anno
 Utile per azione
 Quotazione
 2009
 3,46 $
 53-67 $ circa
 2010
 5,29
 66-83
 2011
 4,14
 66-85
 2012
 5,99
 78-89
 2013
 7,90
 93-117
 2014
 8,06
 111-151
 2015
 9,77
 129-159

Berkshire Hataway Inc è evidentemente il tipo di azienda che possiede un valore intrinseco in crescita ed espansione costante. Se l'utile per azione cresce, la quotazione di borsa sale per riflettere tale incremento di valore. Per comprendere il legame tra Utile per Azione e Valore Intrinseco vedi Come calcolare il Valore Intrinseco (Earnings Power Value).

La strategia tipica del Value Investing prevede di acquistare qualsiasi titolo che appare sottovalutato rispetto al valore intrinseco dell'azienda, anche se si tratta di aziende mediocri. Il problema di questo approccio è che le aziende mediocri non dimostrano una crescita costante e prevedibile dell'utile per azione e del valore intrinseco. Un'azienda con caratteristiche economiche scarse, con molta probabilità continuerà ad essere scarsa. Ciò che cerchiamo è una redditività di lungo periodo; un'azienda che ha storicamente dimostrato di saper generare valore, continuerà a fare lo stesso finché ce ne saranno le possibilità.
Riguardo all'approccio classico del Value Investing, non possiamo mai sapere se la quotazione raggiungerà mai il valore intrinseco, né quanto tempo ci potrebbe mettere per raggiungerlo. Ciò erode i nostri rendimenti.
Un'azienda mediocre molto probabilmente rimarrà mediocre, generando rendimenti mediocri. Le aziende eccezionali sono differenti dai business mediocri; quest'ultimi mostrano un valore intrinseco statico, mentre le aziende eccezionali possono vantare un valore intrinseco in crescita costante sul lungo periodo. Inoltre se l'azienda continua a crescere, niente ci da motivo di vendere le nostre azioni (che terremo indefinitamente). Ciò permette di sfruttare al massimo il principio dell'interesse composto, il vero segreto della ricchezza (vedi Il più grande segreto di Warren Buffett; come ha trasformato 1000$ in 70 miliardi.).



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venerdì 10 febbraio 2017

La caratteristica vincente dei titoli azionari più ricchi - il riacquisto di azioni proprie



Il riacquisto di azioni proprie è un'operazione di ingegneria finanziaria attraverso la quale un'azienda riacquista e ritira dal mercato i titoli azionari che aveva precedentemente rilasciato; in questo modo diminuisce il numero totale delle azioni in circolazione.
In molti altri articoli ho sottolineato come la valutazione del management sia di fondamentale importanza. In particolare è necessario valutare: 1) la sua abilità nel realizzare il pieno potenziale del business; 2) la sua capacità di impiegare saggiamente il flusso di cassa dell'azienda (vedi Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato); 3) la certezza con cui si può fare affidamento sul fatto che il management incanali i guadagni del business verso gli azionisti piuttosto che verso se stessi (il management deve dimostrare di essere orientato agli interessi degli azionisti); 4) la competenza e l'onesta.
I grossi riacquisti di azioni proprie immediatamente accrescono (in modo significativo) il valore intrinseco dei titoli azionari. Tuttavia questo non è l'unico beneficio: facendo grossi riacquisti di azioni proprie il management dimostra chiaramente di impegnarsi in azioni che aumentano il benessere degli azionisti (piuttosto di azioni che espandono il dominio del management senza benefici per gli azionisti). Come accennato sopra, il management dimostra in questo modo di essere orientato agli interessi degli azionisti.
Ora ci concentreremo sull'aspetto quantitativo del riacquisto di azioni proprie; in che modo questa operazione di ingegneria finanziaria può accrescere il valore intrinseco e l'utile per azione (con conseguente crescita della quotazione)? Risponderò con un semplice esempio che ho precedentemente esposto anche in altri articoli.
Immagina che un'azienda ha rilasciato un totale di cento milioni di azioni ed ha un utile netto pari a cento milioni di dollari; l'utile per azione sarà pari a 1 dollaro (cento milioni di utile diviso per cento milioni di azioni rilasciate). Ma se ad esempio l'azienda riacquista e ritira metà delle azioni (ovvero cinquanta milioni) e l'utile rimane invariato a cento milioni, l'utile per azione ora sarà pari a 2 dollari (cento milioni di utile diviso per cinquanta milioni di azioni). Il valore delle azioni è raddoppiato e la quotazione salirà di conseguenza. Ma come facciamo a capire se effettivamente il riacquisto di azioni proprie ha aumentato il valore di borsa? Risponderò attraverso un esempio un po più complesso.
Immagina un'azienda X, che tra il 2006 ed il 2016 ha speso un totale di 6 milioni di dollari per effettuare un sostanzioso riacquisto di azioni proprie. Supponiamo che nel 2006 il numero totale delle azioni in circolazione era pari a 3 milioni; dopo il riacquisto, il numero totale delle azioni in circolazione nell'anno 2016 era di 2,5 milioni di titoli. Questo significa che l'azienda ha riacquistato e ritirato dal mercato 0,5 milioni (500.000) di titoli azionari; ciò rappresenta una riduzione di circa il 17%. Se consideriamo che l'azienda X ha un totale di 3 milioni di azioni in circolazione (nell'anno 2006), ed ha speso un totale di 6 milioni di dollari per effettuare il riacquisto di azioni proprie in un periodo di dieci anni, possiamo dimostrare che tale azienda X ha speso approssimativamente 2 dollari ad azione per portare a termine questa operazione (6 milioni di $ diviso per 3 milioni di azioni in circolazione = 2 dollari ad azione).
Ora consideriamo che l'utile netto totale dell'azienda X nell'anno 2016 corrisponde a 2,7 milioni di dollari, che dobbiamo dividere per il numero totale delle azioni in circolazione nello stesso anno (ovvero 2,5 milioni) per ottenere l'utile per azione; 2,7 milioni di dollari (utile netto totale) diviso per 2,5 milioni di azioni in circolazione, da un risultato di 1,08 dollari per azione. Pertanto l'utile per azione nell'anno 2016 è pari a 1,08 dollari.
Ora considera questo: se nell'anno 2016 ci fosse stato lo stesso numero di azioni in circolazione del 2006 (ovvero 3 milioni invece di 2,5 milioni), con un utile netto totale di 2,7 milioni di dollari avremmo avuto un utile per azione pari a 0,90$; il che è ovviamente inferiore al risultato che otteniamo con sole 2,5 milioni di azioni in circolazione. Ciò significa che un investimento di 2 dollari ad azione necessario ad effettuare il riacquisto di azioni proprie, ha prodotto una crescita di 0,18$ nell'utile per azione (utile per azione nell'anno 2016 con riacquisto di azioni proprie (1,08$) - utile per azione nell'anno 2016 senza riacquisto di azioni proprie (0,90$) = 0,18$). Da ciò ne deriva che i 2 dollari di investimento hanno prodotto un rendimento pari al 9% (il quale si è riflesso nella crescita dell'utile per azione). Il che non sembra niente di eccezionale. Ma tentiamo di calcolare a quanto ammonta il nostro guadagno in termini di valore di mercato delle azioni.
Supponiamo che nel 2016 le azioni dell'azienda X sono scambiate ad un prezzo pari a 25 volte l'utile per azione; ciò significa che il rapporto Prezzo/Utili è di 25. Ora possiamo analizzare due possibili scenari: uno in cui il riacquisto di azioni proprie è stato fatto e l'altro in cui tale operazione non è stata effettuata.
Nel 2016 senza il riacquisto di azioni proprie: come già detto, gli utili netti totali pari a 2,7 milioni di dollari vanno divisi per 3 milioni di azioni in circolazione. 2,7 milioni diviso 3 milioni = 0,90$ (utile per azione). Moltiplicando l'utile per azione (0,90$) per il rapporto Prezzo/Utili, otteniamo che nell'anno 2016 la quotazione delle azioni dell'azienda X si attesta a 22,50$ (0,90$*25= 22,50$).
Nel 2016 con il riacquisto di azioni proprie: come già detto, gli utili netti totali pari a 2,7 milioni di dollari vanno divisi per 2,5 milioni di azioni in circolazione. 2,7 milioni diviso 2,5 milioni = 1,08$ (utile per azione). Moltiplicando l'utile per azione (1,08$) per il rapporto Prezzo/Utili, otteniamo che nell'anno 2016 la quotazione delle azioni dell'azienda X si attesta a 27$ (1,08$*25=27$).
La differenza tra le due quotazioni è di 4,50$ (27$-22,50$=4,50$).
Ciò significa che una crescita di 0,18$ dell'utile per azione ha generato una corrispondente crescita di 4,50$ nella quotazione di borsa. Soprattutto significa che un investimento di soli 2$ ad azione (quelli utilizzati per effettuare il riacquisto di azioni proprie) hanno prodotto una crescita di ben 4,50$ nel prezzo delle azioni.
Tutto ciò non ha effetti sull'utile netto totale ma solo sull'utile per azione; quest'ultimo è il valore più importante. Esso cresce semplicemente perché diminuisce il numero delle azioni in circolazione tra le quali dividere l'utile netto totale. In questo modo aumenta il valore delle singole azioni, con conseguente crescita della quotazione. Inoltre, il riacquisto di azioni proprie non solo accresce l'utile per azione, ma anche la nostra percentuale di proprietà nell'azienda (anche se ciò non crea molti vantaggi per un piccolo investitore).
E' importante considerare che se il riacquisto di azioni proprie viene effettuato nei periodi in cui la quotazione è molto sottovalutata rispetto al valore intrinseco, gli effetti positivi di tale operazione sono molto accentuati.

In un articolo precedente (Perché tutto ciò che pensavi di sapere sui dividendi è sbagliato) avevo spiegato che se l'azienda trattiene e reinveste in modo redditizio gli utili invece di distribuirli come dividendi, le azioni di quell'azienda possono crescere in valore di borsa più di quanto l'azionista può guadagnare in dividendi. Un reinvestimento profittevole del capitale trattenuto genera una crescita dell'utile per azione, con conseguente aumento del valore di borsa. Spesso si pensa che l'utile per azione non rappresenta veramente un guadagno per gli azionisti a meno che non viene distribuito come dividendi. Eppure non è così; semplicemente penserà l'azienda ad impiegare quel denaro in modo redditizio utilizzandolo per finanziare la crescita e l'espansione dell'azienda. Il vantaggio per noi azionisti sta nel fatto che reinvestendo quell'utile trattenuto in un'azienda molto profittevole, il nostro denaro (che semplicemente non ci è stato corrisposto sotto forma di dividendi, ma in realtà è di nostra proprietà) genererà un tasso di ritorno sull'investimento che mai potremmo sperare di ottenere autonomamente. Tale alto tasso di ritorno sull'investimento si rifletterà in una crescita dell'utile per azione.
L'obbiettivo di tutto ciò è ottenere una crescita dell'utile per azione, con conseguente aumento del valore di borsa.
Il management deve essere in grado di determinare qual'è l'opzione più redditizia per impiegare il capitale trattenuto, ovvero quella che genera i tassi di ritorno sull'investimento più alti (e di conseguenza la maggiore crescita dell'utile per azione). Se non è possibile ottenere alti ritorni investendo direttamente nella crescita e nell'espansione del business, l'opzione migliore è il riacquisto di azioni proprie. E solo se non è proprio possibile ottenere tassi di ritorno sull'investimento più alti di quelli generalmente disponibili all'investitore medio, è necessario distribuire i dividendi (dando la possibilità ad ogni azionista di impiegare il proprio denaro come meglio crede).



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