martedì 28 febbraio 2017

Warren Buffett: "Attualmente non c'è alcun rischio bolla sul mercato. I prezzi delle azioni sono bassi e sottovalutati"



Il mercato azionario Usa è chiaramente sopravvalutato. Attualmente i prezzi delle azioni non riflettono le reali condizioni economiche delle aziende quotate. L'eccessivo ottimismo che negli ultimi periodi ha pervaso il mercato ha spinto le quotazioni a livelli insostenibili. Siamo in una bolla speculativa ed essa sta per scoppiare, la borsa non può salire all'infinito se non è sostenuta dall'economia reale.

Da oramai oltre un anno, le affermazioni che ho elencato qui sopra si sentono sempre più spesso. Gran parte degli investitori in tutto il mondo sono convinti che attualmente il mercato azionario statunitense è vicino al suo picco massimo, il quale sarà seguito da una fase ribassista. E' fisiologico.
E' di alcuni giorni fa la notizia uscita sul Sole 24 Ore secondo cui il 78% dei gestori considera il listino Usa chiaramente sopravvalutato. Ma cosa significa sopravvalutato? Significa semplicemente che i prezzi delle azioni non riflettono le reali condizioni e caratteristiche economiche attuali delle aziende quotate, pertanto ci si aspetta una fase ribassista che riporti le quotazioni a livelli ragionevoli. Ma cosa ha spinto le quotazioni a livelli così sopravvalutati? Possiamo individuare principalmente due cause:
1) la crescita dell'inflazione; quest'ultima tende a sfavorire il mercato obbligazionario. Di conseguenza i capitali si spostano verso il mercato azionario per mancanza di alternative. Tuttavia quanto può durare questa situazione? Dopotutto il mercato obbligazionario oggi è reduce da una fase rialzista che dura da decenni; inoltre, secondo molte stime basterebbe che il rendimento dei bond governativi a dieci anni toccasse la soglia del 3,5-4% ed il mercato azionario rischierebbe una pesante fase ribassista, in quanto i capitali tenderebbero a spostarsi maggiormente verso le obbligazioni.
2) Le promesse di Donald Trump; gli stimoli fiscali ed i tagli alle tasse che quest'ultimo ha promesso, potrebbero generare una forte crescita dei profitti aziendali. Tuttavia, secondo molti analisti questa crescita dei profitti (ancora comunque molto incerta) è stata già scontata dagli attuali prezzi di mercato.

Dall'inizio di novembre i piccoli risparmiatori sono stati pervasi da un irrefrenabile ottimismo. Il problema è che questo ottimismo ha spinto il mercato a livelli chiaramente sopravvalutati, il che è pericoloso.
Ma come facciamo a capire se i prezzi di mercato sono sopravvalutati o meno rispetto alle reali condizioni economiche (e quindi al reale valore) delle aziende corrispondenti? Generalmente si guarda al rapporto Prezzo/Utili. Quest'ultimo è il rapporto tra il prezzo di un titolo e l'utile per azione corrispondente (l'utile per azione si ottiene dividendo l'utile netto totale per il numero totale delle azioni circolanti, in modo da capire quanto utile netto corrisponde ad ogni azione; non va confuso con i dividendi, in quanto non tutti i profitti aziendali vengono corrisposti agli azionisti sotto forma di dividendi). Ad esempio un rapporto Prezzo/Utili di 15 significa che il prezzo di un titolo azionario è pari a 15 volte l'utile per azione. Qui di seguito vi mostro l'andamento del rapporto Prezzo/Utili medio dell'indice S&P 500 (dal sito multpl.com).


Attualmente il rapporto Prezzo/Utili dello S&P 500 è di oltre 26. Il che è abbastanza alto se pensate che generalmente ogni valore superiore a 15 è considerato sopravvalutato. In base ai dati storici possiamo facilmente ricavare che ogni qualvolta il rapporto Prezzo/Utili ha superato quota 20, il mercato è andato incontro ad una fase ribassista (in modo da riportare le quotazioni a livelli ragionevoli). Senza dubbio il valore attuale è ampiamente superiore alla media storica; tutto ciò è preoccupante se consideriamo che (come dice Jhon C Bogle) la regola di ferro dei mercati azionari è proprio il ritorno alla media. Analizzando il grafico soprastante possiamo notare che dopo il 1980/81, il rapporto Prezzo/Utili ha iniziato una salita verso livelli mai raggiunti prima. Perché? In parte a causa della famosa bolla delle Dot-com. Ma possiamo ragionevolmente teorizzare un'ulteriore causa: il ribasso dei rendimenti obbligazionari. Il seguente grafico (dal sito tradingeconomics.com) mostra come si è mosso il rendimento dei titoli di stato Usa dal 1912 ad oggi:

E' estremamente evidente come dal 1981 fino ad oggi i rendimenti non hanno fanno altro che scendere costantemente. E con le obbligazioni che rendono sempre meno, ne deriva che sempre più capitali si spostano verso le azioni in cerca di maggiori rendimenti. Ciò avrebbe portato il rapporto Prezzo/Utili a livelli sempre più alti.

Tutto ciò che vi ho spiegato sarà utile per comprendere meglio le recenti affermazioni di Warren Buffett.
In una recente intervista alla CNBC, l'oracolo di Omaha non solo ha affermato che non c'è alcun rischio bolla sul mercato azionario; ha addirittura detto che attualmente i prezzi delle azioni sono piuttosto bassi e sottovalutati. Il motivo di ciò sarebbe da ricercare nel rendimento estremamente basso legato ai titoli di stato Usa (circa 2,3% per quello decennale). Se il rendimento delle obbligazioni governative salisse, le azioni diverrebbero più dispendiose; in particolare, se il rendimento raggiungesse quota 7-8% annuo, i prezzi delle azioni sarebbero estremamente alti.
E' facile comprendere l'idea che sta alla base di queste affermazioni: se il rendimento dei titoli di stato è troppo basso, sempre più capitali si spostano verso il mercato azionario per cercare di ottenere rendimenti più alti. Ma esattamente qual'è la relazione o il calcolo che lega il prezzo delle azioni con il rendimento dei titoli di stato? Come fa Buffett a valutare se il prezzo di un'azione è sottovalutato o sopravvalutato basandosi sul rendimento dei titoli di stato? Per rispondere è necessario introdurre alcune precisazioni.

Uno dei concetti che stanno alla base del Value Investing (vedi Guida completa al Value Investing; essa è la strategia utilizzata da Warren Buffett) sostiene che molto spesso i prezzi di mercato delle azioni non riflettono le reali condizioni economiche (e quindi il reale valore) delle aziende quotate; i prezzi di mercato possono essere sottovalutati o sopravvalutati rispetto al reale valore delle aziende corrispondenti. Ma come facciamo ad effettuare questi tipo di valutazione? Come facciamo a capire se il prezzo di un titolo è alto o basso rispetto alle reali caratteristiche economiche dell'azienda? Ci sono principalmente due metodi per effettuare questa analisi.
Il primo metodo consiste nell'analizzare valori come il rapporto Prezzo/Utili (che ho già introdotto all'inizio dell'articolo), il rapporto Prezzo/Patrimonio Netto, il rapporto Prezzo/Fatturato, il PEG.
Questi valori sono di fondamentale importanza, ma per comprendere le affermazioni di Warren Buffett è necessario concentrarci su un altro metodo di valutazione, ovvero quello basato sul calcolo del Valore Intrinseco. Definiamo valore intrinseco un valore che rifletta le reali condizioni e caratteristiche economiche dell'azienda in questione. Se il prezzo è inferiore al valore intrinseco, il titolo è sottovalutato; se il prezzo è superiore al valore intrinseco, il titolo è sopravvalutato. Ci sono diversi modi per calcolare questo numero, ma ora ci concentreremo sul metodo preferito da Warren Buffett; ciò ci permetterà di comprendere perché, secondo lui, attualmente i prezzi delle azioni sono sottovalutati. Potremmo definire questo metodo come "Valore Intrinseco Relativo alle Obbligazioni Governative". Esso corrisponde semplicemente all'ammonto di denaro che è necessario investire in titoli di stato in un dato anno per ottenere lo stesso rendimento che il titolo azionario fornirebbe sotto forma di utile per azione. L'utile per azione (abbreviato in EPS) si ottiene dividendo l'utile netto totale per il numero totale delle azioni circolanti, in modo da capire quanto utile netto corrisponde ad ogni azione; non va confuso con i dividendi, in quanto non tutti i profitti aziendali vengono corrisposti agli azionisti sotto forma di dividendi. Può sembrare azzardato utilizzare nel calcolo l'intero utile per azione, visto che esso non viene mai interamente corrisposto agli azionisti; in realtà tale pratica è giustificata da valide argomentazioni che esporrò in un altro articolo. Per ora mi limiterò a dirvi che ai fini della sua strategia, Warren Buffett considera l'intero utile per azione come un reale profitto; ciò significa che se l'EPS di un titolo è pari a 5$, la sua opinione è di aver appena guadagnato 5$. Può sembrare molto strano, ma in teoria è un metodo valido.
Ma ora torniamo al Valore Intrinseco Relativo alle Obbligazioni Governative. Tutto ciò che Warren fa per calcolare il valore intrinseco è dividere l'EPS per l'attuale tasso di rendimento dei titoli di stato. Consideriamo un titolo azionario X, scambiato ad un prezzo di 60$, con un utile per azione pari a 5$. Immaginiamo che il rendimento dei titoli di stato decennali è pari al 10% annuo. Ora facciamo il calcolo: 5$ (utile per azione) diviso 0.10 (rendimento dei titoli di stato (10%) adeguato al calcolo), da un risultato relativo di 50$. Quest'ultimo è il valore intrinseco del nostro titolo azionario X. Ciò significa semplicemente che investendo 50$ in titoli di stato, al tasso di rendimento attuale (10%) otterrei 5$ di interessi. Detto in altre parole, i 5$ di utile per azione corrispondono al 10% di 50$. Inoltre, è evidente che in questo modo il prezzo del titolo azionario (60$) è sopravvalutato rispetto al valore intrinseco (50$). Ciò accade perché abbiamo considerato il caso in cui il rendimento dei titoli di stato è del 10%. Ma ora rifacciamo il calcolo utilizzando l'attuale rendimento dei titoli di stato (febbraio 2017), ovvero il 2,3%: 5$ (utile per azione) diviso 0.02 (rendimento dei titoli di stato (circa il 2%) adeguato al calcolo), da un risultato di 250$. Ciò significa che il Valore Intrinseco ora è di 250$, molto superiore ai 50$ ottenuti quando il rendimento dei titoli di stato era del 10%. E rispetto ai 250$ di valore intrinseco, il prezzo del titolo azionario X (60$) ora appare molto sottovalutato.

Ora riuscite a capire perché secondo Warren Buffett con dei tassi d'interesse così bassi i titoli azionari sono da considerare sottovalutati?

Dall'esempio che ho appena esposto possiamo facilmente comprendere che più il rendimento delle obbligazione governative è basso, maggiore è il valore intrinseco dei titoli azionari. Oggi il rendimento dei titoli di stato Usa è molto basso; pertanto il Valore Intrinseco Relativo alle Obbligazioni Governative è mediamente molto alto, addirittura più alto delle attuali quotazioni del mercato azionario. Ne deriva che i prezzi dei titoli azionari sono piuttosto sottovalutati.

Insomma, il rendimento offerto da qualsiasi strumento finanziario è sempre un qualcosa di relativo. In questo caso stiamo valutando il rendimento dei titoli azionari in relazione a quello offerto delle obbligazioni governative, in quanto quest'ultime sono da sempre la principale alternativa al mercato azionario. E con dei titoli di stato che rendono così poco, le azioni appaiono sempre come l'alternativa più redditizia; ciò sposta i capitali verso il mercato azionario, il quale di conseguenza può apparire insostenibilmente sopravvalutato.

Warren Buffett ha aggiunto che la migliore cosa da fare è acquistare azioni in modo costante sul lungo periodo, in modo da distribuire il rischio. Inoltre "Faresti un terribile errore a rimanere fuori dal gioco per molto tempo pensando di aspettare un periodo migliore per entrare".


E' importante considerare che il metodo di valutazione del valore intrinseco esposto in quest'articolo non rappresenta assolutamente l'unica variabile da prendere in considerazione nell'analisi del prezzo di un titolo.

Il Valore Intrinseco Relativo alle Obbligazioni Governative è solo una variante dell'Earnings Power Value (EPV); vedi Come calcolare il Valore Intrinseco (Earnings Power Value).



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Come calcolare il Valore Intrinseco (Earnings Power Value)

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